Lo scorso 8 marzo, inoltre, la Corte d’Appello di Roma ha anche respinto il ricorso contro la sentenza presentato dal Ministero della Difesa, teso a bloccare il risarcimento. Il militare ha trascorso otto mesi (dal novembre 2002 al giugno 2004) in Kosovo nell’ambito della missione internazionale di pace in Bosnia Erzegovina con l’incarico di fuciliere.
Ha prestato servizio in territori pesantemente bombardati dalle forze Nato tra il 1995 e il 1999 senza – viene evidenziato dall’avvocato – essere stato informato dei rischi e senza necessarie misure precauzionali.
“La Difesa avrebbe dovuto adottare tutte le opportune cautele contro il rischio uranio impoverito per i militari italiani in missione all’estero”, sottolinea Domenico Leggiero, coordinatore dell’Osservatorio Militare, secondo il quale il verdetto “non lascia spazio a equivoci e dubbi: il Ministero della Difesa era a conoscenza dei rischi a cui erano sottoposti i militari che hanno operato in territori bombardati con uranio impoverito e non hanno mai informato il personale”.
“Queste pronunce della magistratura – prosegue Leggiero – oltre a riportare prepotentemente l’argomento all’attenzione pubblica devono portare ad una profonda riflessione e massimo rispetto per tutti quei 314 morti accertati fino ad oggi ed gli oltre 3.600 malati che continuano a vivere il dramma umano e la beffa di essere ignorati dall’Amministrazione della Difesa che continua incessantemente a negare ed opporsi alla verità”