“Il Cinema Valle è stata la mia prima casa – prosegue Gubitosi – il luogo che mi ha dato l’opportunità di sviluppare l’idea del Festival. Avevo venti anni, imparai a fare l’operatore cinematografico e l’organizzatore di rassegne, che coinvolsero tutta la gioventù dell’epoca. Migliaia di ragazzi seduti sulle sedie di legno. Quell’oblò dal quale osservavo la sala dalla cabina di proiezione, con una macchina a carboni dalla quale non mi potevo distaccare, altrimenti buio in sala e fischi a ripetizione. Poi il doloroso momento dell’incendio del bar che coinvolse l’intera struttura”, ricorda ancora il direttore.
“Fu un vero e proprio miracolo, perché in soli due mesi, con la collaborazione di tutti, venne ripristinata la sala per il festival di quell’anno. Lì si sono sviluppate le battaglie ideologiche di quei giovani che volevano cambiare il mondo dopo il ’68. Mantenni la sala anche quando la Cittadella del Cinema aprì le porte alla Sala Truffaut. Quasi il doppio delle poltrone, tecnologicamente avanzata e più bella. Ma il fascino del Cinema Valle non si è mai spento dentro di me. I luoghi dei primi amori per il festival, di tanti incontri, di tanti talenti, italiani e stranieri. Una conchiglia tra una filiera di palazzi costruiti a dismisura dagli anni ’60. Ricordi, quindi, ma non tristezza”, precisa Gubitosi. “È la naturale evoluzione della vita. Era più triste vederlo lì abbandonato, non curato. Sta per diventare un’altra cosa, anche se non è giusto dire, come ho letto, che riaprirà. Una sala conferenze di 60 posti non sarà mai il nostro glorioso Cinema Teatro Valle”.
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