L’incontro ha, inoltre, lo scopo di insegnare a “leggere” le tracce del passaggio di esemplari di Tartarughe marine sia adulte che piccoli nati, sulle coste salernitane. Queste ultime stanno registrando sempre più numerosi siti di nidificazione, nel 2015 sono stati monitorati 8 nidi.
Verranno illustrate le corrette procedure in caso di rinvenimento di esemplari di animali marini e chi contattare.
Ricordiamo che la Caretta caretta è fortemente minacciata in tutto il Mediterraneo anche a causa della pesca eccessiva. Lo IUCN le classifica nella classe “Vulnerabili”.
In estate, nei mesi di giugno, luglio ed agosto, maschi e femmine si danno convegno nelle zone di riproduzione, al largo delle spiagge dove le seconde sono probabilmente nate. Hanno infatti un’eccezionale capacità di ritrovare la spiaggia di origine, dopo migrazioni in cui percorrono anche migliaia di chilometri.
Avvenuto l’accoppiamento, le femmine attendono per qualche giorno in acque calde e poco profonde il momento propizio per deporre le uova; in ciò sono facilmente disturbate dalla presenza di persone, animali, rumori e luci. Giunte, con una certa fatica, sulla spiaggia vi depongono fino a 200 uova, grandi come palline da ping pong, disponendole in buche profonde, scavate con le zampe posteriori. Quindi le ricoprono con cura, per garantire una temperatura d’incubazione costante e per nascondere la loro presenza ai predatori. Completata l’operazione, fanno ritorno al mare. È un rito che si può ripetere più volte nella stessa stagione, ad intervalli di 10-20 giorni.
Le uova hanno un’incubazione tra i 42 e i 65 giorni, e, grazie a meccanismi non ancora chiariti, si schiudono quasi tutte simultaneamente;
Una curiosità: La temperatura del suolo determinerà il sesso dei nascituri: le uova che si trovano in superficie si avvantaggiano di una somma termica superiore a quelle che giacciono in profondità, pertanto le uova di superficie daranno esemplari di sesso femminile e quelle sottostanti di sesso maschile.
I piccoli per uscire dal guscio utilizzano una struttura particolare, il “dente da uovo”, che verrà poi riassorbito in un paio di settimane. Usciti dal guscio impiegano dai due ai sette giorni per scavare lo strato di sabbia che sormonta il nido e raggiungere la superficie e quindi, in genere col calare della sera, dirigersi verso il mare. In condizioni naturali corrono prontamente verso il mare. Possiamo considerare il piccolo appena nato come una sorta di “robot” il cui programma biologico attiva la ricerca in automatico della fonte più luminosa in un arco sull’orizzonte di 15 gradi. Questa in condizioni normali è rappresentata dall’orizzonte marino su cui luna e/o stelle si riflettono. Ma ormai la forte antropizzazione determina una concentrazione di luci artificiali che spesso disorientano le piccole appena nate, facendole deviare dal cammino, determinando talora la perdita di tutta la nidiata.
Solo una piccola parte dei neonati riesce nell’impresa, cadendo spesso vittima dei predatori, tra cui l’uomo; di quelli che raggiungono il mare infine, solo una minima parte riesce a sopravvivere sino all’età adulta.