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Alimentare: Coldiretti, 2 pizze su 3 non sono made in Italy

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Dalla mozzarella lituana al concentrato pomodoro cinese, passando per l’olio tunisino e il grano canadese: in quasi due pizze su tre servite in Italia sono ottenute da un mix di ingredienti provenienti da migliaia di chilometri di distanza senza alcuna indicazione per i consumatori.

E’ quanto emerge dal dossier Coldiretti presentato in occasione della mobilitazione degli agricoltori italiani con i trattori a Napoli a difesa della dieta mediterranea dove è stato fatto il confronto con la vera pizza italiana al 100%.

Nel 2015 – emerge dal dossier – sono infatti aumentate del 379% le importazioni di concentrato di pomodoro dalla Cina che hanno raggiunto circa 67 milioni di chili nel 2015, pari a circa il 10% della produzione nazionale in pomodoro fresco equivalente, ma a crescere del 279% sono state anche le importazioni di olio di oliva dalla Tunisia mentre c’è stato un incremento del 17% dei prodotti caseari destinati alla trasformazione industriale e, tra queste, soprattutto le cagliate provenienti dalla Lituania e destinate a produrre mozzarelle senza alcuna indicazione sulla reale origine in etichetta.

Ed i primi dati del gennaio 2016 non sono incoraggianti neanche sul fronte delle importazioni di grano tenero con l’aumento di mille tonnellate delle importazioni di grano tenero straniero. In particolare – precisa la Coldiretti – è stata proprio la Campania la principale regione di destinazione del concentrato cinese e delle cagliate industriali per sfruttare impropriamente l’immagine di qualità conquistata nell’alimentare.

La pizza sviluppa un fatturato di 10 miliardi di euro in Italia, dove ogni giorno si sfornano circa 5 milioni di pizze per un totale di 1,8 miliardi all’anno che in termini di ingredienti significa – stima la Coldiretti – 200 milioni di chili di farina, 225 milioni di chili di mozzarella, 30 milioni di chili di olio di oliva e 260 milioni di chili di salsa di pomodoro.

“Il riconoscimento dell’Unesco avrebbe dunque un valore straordinario per l’Italia che è il Paese dove più radicata è la cultura alimentare e la pizza rappresenta un simbolo dell’identità nazionale”, ha affermato il presidente della Coldiretti Roberto Moncalvo sottolineando che “è chiaro che garantire l’origine nazionale degli ingredienti e le modalità di lavorazione significa difendere un pezzo della nostra storia, ma anche la sua distintività nei confronti della concorrenza sleale”. Dopo che nel 2015 in Italia sono aumentate del 279% le importazioni dell’olio di oliva della Tunisia per un totale di oltre 90 milioni di chili, secondo la Coldiretti è un errore l’accesso temporaneo supplementare sul mercato dell’Unione di 35mila tonnellate di olio d’oliva tunisino a dazio zero per il 2016 e 2017.

Non solo: è fatta con grano straniero almeno la metà delle pizze in vendita in Italia, ma nell’ultimo anno – denuncia la Coldiretti – hanno addirittura superato il milione di quintali le cosiddette cagliate importate dall’estero, che ora rappresentano circa 10 milioni di quintali equivalenti di latte, pari al 10% dell’intera produzione italiana. Purtroppo sono anche praticamente quintuplicate – sottolinea la Coldiretti – le importazioni di concentrato di pomodoro dalla Cina con un crescendo di navi che sbarcano fusti di oltre 200 chili di peso con concentrato di pomodoro da rilavorare e confezionare come italiano poiché è obbligatorio indicare solo il luogo di confezionamento e non di coltivazione. “In un momento difficile per l’economia italiana bisogna investire sulla trasparenza e introdurre senza esitazione in Italia l’obbligo di indicare in etichetta l’origine degli alimenti come ha chiesto il 96,5% degli italiani sulla base della consultazione pubblica on line sull’etichettatura dei prodotti agroalimentari condotta dal Ministero delle Politiche Agricole”, ha concluso il Presidente della Coldiretti Roberto Moncalvo. “Finalmente ci sono le condizioni per cambiare le norme comunitarie nel senso della trasparenza sotto la spinta di Italia e Francia, alla quale è stata già concessa l’autorizzazione dalla Commissione europea per l’etichettatura di origine”.

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