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Alla vigilia di Roma – Napoli di Cosimo Risi

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Roma è la seconda città della Campania per numero di abitanti. Interi quartieri parlano napoletano, a migliaia consumano pizza (quella alta e non la “soletta da scarpa” della hostaria romanesca), la mozzarella di bufala arriva fresca persino dalla Piana del Sele rompendo il monopolio del casertano. L’alta velocità ha codificato il pendolarismo giornaliero. La vigilia di Roma – Napoli, che si gioca il giorno della Liberazione, è un momento speciale nella vita dei romani di Campania, che sono la maggioranza della minoranza. Scopri il napoletano, di sentimento se non di origine, dove meno te lo aspetti.

Gioco a tennis in coppia con un professore del Policlinico Gemelli, uno cui si attribuisce, ma senza dirlo, la cura di Pontefici e Cardinali. Lo riterresti romano da generazioni o comunque indigeno. L’accento ha un’inflessione locale, ma il sorriso ironico rivela qualcosa. Alla vigilia del derby col Napoli, il secondo per Roma dopo quello con la Lazio, viene fuori la sua napoletanità. E’ nato nei quartieri alti, al Vomero o sopra Posilippo, è venuto a studiare Medicina a Roma e qui è rimasto per la sua lunga e prestigiosa carriera.

Lui che cura il cuore come muscolo, ricorda che il suo cuore personale batte per il Napoli e che quando il Napoli viene a Roma, ottiene da qualche paziente importante, e romanista, i biglietti per la tribuna VIP. Qui farà un tifo indiavolato (l’invocazione del diavolo è consentita nell’occasione) per Higuain che torna a giocare dopo la squalifica. Gli chiedo se il tifo per il Napoli non lo metta in difficoltà coi vicini di tribuna e coi pazienti e coi colleghi d’ospedale. Manco per idea – mi risponde – in corsia o sei del Napoli o taci. E i Prelati? Non è dato sapere, anche se un argentino di Buenos Aires non può che ammirare Maradona e dunque comprendere il culto partenopeo di San Diego, culto secondo solo a quello di San Gennaro.

La passione calcistica – lo notava Osvaldo Soriano, un altro argentino appassionato di calcio – è un termometro sociologico. Di più: una metafora letteraria. Apprendi di più su una comunità da come tifa che da come mangia.

E allora ti viene da pensare che il Campano, come tipo umano, è un modello da studiare. Fosse vivo Claude Lévi Strauss gli dedicherebbe un saggio di antropologia. Fuori dalla Regione, è compito, dinamico, proactive come si dice oggi con linguaggio alla moda. E’ rispettato e persino ammirato per il modo di porsi nel lavoro e in società. All’estero poi il Campano detta legge. Arbiter elegantiarum come una volta Petronio, coi suoi abiti sartoriali così tirati ai fianchi che neppure riesce ad abbottonare la giacca, la cravatta doppiata all’interno, la camicia col colletto alla francese, il mocassino con la nappa che lascia scoperta la caviglia fasciata da calza in chiffon, il piglio brillante e appunto proactive. Che il Campano possa giocare solo fuori casa per vincere?

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