Dentro o fuori del direttorio europeo? Questo il dilemma della politica italiana (di Cosimo Risi)

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cosimo risiCi sta chi pensava che Brexit avrebbe semplificato gli affari europei. I britannici escono e portano appresso il bagaglio di riserve e deroghe (in diplomatichese: opting out) che hanno impedito il decollo dell’Unione nei quarantacinque anni di convivenza sotto lo stesso tetto. Neppure nell’uscita i britannici ci rendono le cose facili.

E’ Londra a dover attivare la procedura di recesso ai sensi del Trattato, solo che a Londra convivono almeno due scuole di pensiero, sotto lo stesso cappello di “Brexit is Brexit”: una tautologia che non offende né impegna alcuna parte. La scuola che fa capo all’attuale Ministro degli Esteri, quel Johnson che sul Brexit tentò la scalata alla segreteria del Partito conservatore e  ora punta a Downing Street, propende per una procedura rapida quanto incurante dei dolori che possa provocare al corpo britannico, specie alla City che di quel corpo è la parte determinante. La scuola che fa capo alla Prima Ministra, quella May che tentenna in attesa di capire come ridurre i possibili danni se non come guadagnarci anche un poco, avendo come prima beneficiaria la stessa City.

Per ora prevale la scuola May e così i Ventisette stati membri stanno a guardare e nel frattempo disputano fra loro, tanto per dimostrare ai britannici che col Brexit non hanno sbagliato più di tanto.

Si pone il tema dell’asse che normalmente è declinato in chiave franco – tedesca. L’asse è storico: risale alla Dichiarazione Schuman del 1950 che l’allora Ministro degli Esteri di Francia annunciò al pubblico avendola concordata con il Cancelliere federale Adenauer. La Comunità nacque a cementare la concordia fra Francia e Germania dopo due guerre civili europee. L’asse ha ricevuto numerose e solenni conferme. Abbiamo tutti nella memoria la foto di Kohl e Mitterrand che omaggiano, mano nella mano, i caduti di Verdun.

I caduti delle due parti durante la Prima Guerra Mondiale con chiara allusione a quelli della Seconda. Non stupisce allora che l’asse funzioni anche negli anni duemila, sebbene in questo anno di grazia il lato francese appaia incerto. Il Presidente Hollande sta per affrontare le elezioni presidenziali coi sondaggi nefasti. La Cancelliera Merkel sta perdendo le elezioni amministrative a favore della populista Alleanza per la Germania, ma ciò malgrado ha buone possibilità di ricevere il quarto mandato.

Tutto questo accadrà nel 2017, proprio quando la procedura britannica di recesso dovrebbe entrare nel vivo.

A Ventotene l’Italia si è inserita nell’asse con una trovata ad effetto. I tre leader tengono la conferenza stampa congiunta a bordo della Garibaldi. Un’avventura di stagione, tanto effimera  quanto breve è l’estate italiana. Già in settembre, al vertice di Bratislava, la triade si scioglie. Francia e Germania tengono la conferenza stampa insieme, mentre l’Italia non è invitata o, se invitata, declina per dissenso sul comunicato finale del vertice.

Ora l’Italia avvia la campagna di autunno con rinnovata vis polemica nei confronti dell’Unione, in ciò comprendendo la Commissione di Juncker e il Governo federale. Sembra risparmiare la Francia. Non si capisce se l’Italia ora si trovi più sola o se l’UE sia pronta ad ascoltare i nostri inviti a rinnovarsi. Ne vedremo ancora delle belle.

Cosimo Risi  Docente di Relazioni internazionali

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