L’ho incontrato varie volte nel corso della sua immensa carriera. L’incontro più lungo avvenne presso il suo Centro per la pace a Tel Aviv. In una pausa del percorso politico, che si sarebbe concluso con la presidenza dello Stato, Peres si dedicò ad una sorta di fondazione per convogliare verso i Territori Palestinesi le risorse necessarie a rilanciarne l’economia. La conversazione, alla quale accompagnavo un dignitario italiano, virò alla fine sul leggero: il confronto fra le cravatte.
La mia era di foggia napoletana, la sua veniva da una firma romana. A Roma, quando poteva, si faceva accompagnare da amici in una rinomata sartoria del centro. Napoli gli risultava più difficile anche se ne aveva buona memoria grazie al suo amico Antonio Bassolino, allora Sindaco della città.
André Versaille intervistò Peres nel 2006 e ne fece oggetto di un libro (La guerra più lunga, la pace più difficile, Corbaccio). Versaille chiese a Peres della sua personale aliyah (il ritorno) in Palestina nel 1934 dalla nativa Vishniev, in Polonia. A Vishniev – racconta Peres – “avevo della Palestina un’immagine ideale, grandiosa, paradisiaca. Arrivato in Palestina, tutto mi sembrò sorprendente… Laggiù il cielo era perennemente grigio, qui invece era sempre azzurro.
Laggiù gli alberi erano grandi e solidi, qui erano bassi e gracili…Ricordo inoltre il profumo inebriante delle arance, che assaggiai allora per la prima volta. Il cibo stesso era differente: in Palestina scoprii le insalate e lo yogurt… Abbandonai pure le tradizioni religiose: non rispettavo più né lo shabbat né le prescrizioni kasherut, non portavo più la kippah e la sinagoga del sabato mattina non faceva più parte delle mie abitudini settimanali. [Praticavo la] costruzione del nuovo ebreo propugnata dall’ideologia sionista”.
In Palestina Peres imparò “a conoscere gli arabi, che potevano rivelarsi più pericolosi dei vicini in Polonia, i temuti goi di Russia. Dagli arabi avevamo la possibilità di difenderci”. Col tempo Peres imparò a collaborare con loro, il che gli meritò il Premio Nobel per la pace, condiviso con Rabin e Arafat. La foto dei tre sul prato della Casa Bianca, con Bill Clinton a fare da cerimoniere, è fra le più riprodotte del Novecento.
Cosimo Risi Docente di Relazioni internazionali
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