Sin dalla riapertura della MCM – esperienza peraltro durata assai poco – dalla metà degli anni ’90, apparve chiaro che quella zona di Salerno non fosse più capace di sopportare la presenza di insediamenti industriali. Da allora sono trascorsi alcuni anni e ben poco è stato fatto nella fattispecie, al netto della riconversione della stessa area MCM nel nascente centro commerciale.
Quella tra il comitato “Salute e Vita” e le famiglie dei dipendenti delle Fonderie appare come una incolpevole disputa a distanza fra vinti, nell’attesa che qualcuno possa pronunciare una parola chiara e definitiva sul futuro degli uni e degli altri e, naturalmente, su quello di un’azienda storica e di successo della città di Salerno.
Il sito prescelto per la delocalizzazione ricade nel comune di Campagna e il sindaco, Roberto Monaco, ha già motivato con molto garbo ed altrettanta fermezza il suo no ad accogliere l’insediamento in un territorio la cui vocazione mal si concilierebbe con la presenza di una industria del genere ed ha perciò annunciato, da subito, una civile mobilitazione dei propri cittadini nonché di quelli dei comuni contermini.
Immagino sia molto complicato, a questo punto, trovare una quadra. E’ pur vero, tuttavia, che sovente vengono richiamati esempi virtuosi di città europee nelle quali addirittura i termovalorizzatori, grazie alle moderne tecnologie, vengono insediati non distanti, se non addirittura, nelle pertinenze dei centri abitati ed oltre a non cagionare nocumento alcuno per la salute pubblica, producono persino ricchezza e benessere. Noi, però, benché ammirati, facciamo poi fatica ad accettare la idea che ciò possa riguardare uno dei nostri luoghi.
La risposta, credo, affondi le radici nella cultura dei popoli, ma anche nella credibilità e nella affidabilità delle classi dirigenti, nella loro capacità di prevenire i problemi e di individuare per tempo soluzioni compatibili che tutelino i superiori interessi di tutti e non di una parte.
La intera filiera istituzionale da Salerno a Napoli, a Roma è mobilitata in una affannosa corsa ad ostacoli onde recuperare i ritardi ed indicare una strada percorribile.
A prescindere dall’esito, che ciascuno auspica positivo nella accezione più ampia, è decisamente difficile, oltre che amaro, ritrovarsi, a questo punto, a cercare il giusto equilibrio tra il diritto alla salute e quello al lavoro, considerato che entrambi concorrono a determinare quello fondamentale alla esistenza.
editoriale a cura di Tony Ardito.