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Bilancio europeo e polemica a distanza fra Italia e Ungheria (di Cosimo Risi)

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Non è usuale che i Governi di due stati membri polemizzino a distanza scambiandosi colpi che vorrebbero essere di fioretto e sono di spada. Eppure capita in questi giorni di turbolenza europea e tutto sembra intrecciarsi. L’Italia manda il progetto di legge di stabilità alla Commissione e questa reagisce preliminarmente chiedendo chiarimenti sull’ipotesi di sfondare il muro del rapporto deficit – PIL.

L’Italia replica che lo sfondamento – di qualche decimale, minimizza – dipende dall’aggravio di spese straordinarie per il sisma, per la messa in sicurezza del territorio, per l’accoglienza ai migranti. Sul sisma non c’è questione, i dubbi sorgono riguardo alla sicurezza del territorio, che è opera di lunghissima lena esorbitante il singolo esercizio finanziario, nonché riguardo ai migranti. E qui scatta la puntualizzazione dell’Italia: con l’accoglienza ai migranti rendiamo un servizio all’Europa nel suo insieme, noi che stiamo in prima linea nel salvataggio in mare, mentre altri stati membri si trincerano dietro ai muri ideali e soprattutto materiali.

La solidarietà comunitaria, uno dei pilastri della costruzione europea, va a farsi benedire a fronte di certe chiusure. Gli stati membri contribuenti netti del bilancio europeo, e cioè quelli che versano alle casse di Bruxelles più di quanto ricevono, possono bloccare il prossimo bilancio europeo per la parte relativa alle politiche di coesione a favore dei nuovi stati membri. L’Italia è fra i contribuenti netti assieme ad altri “ricchi” della compagine europea, l’Ungheria è fra i beneficiari delle politiche di coesione. Tradotto dal diplomatichese, il ragionamento significa: voi mi negate il via libera alla manovra di bilancio eccedente il famoso rapporto, io blocco i trasferimenti europei a favore degli stati membri inadempienti al principio di solidarietà.

Qualcuno è nervoso in Europa? Molti lo sono e per vari motivi. Qualcuno si appella ai toni moderati ed a comportamenti conseguenti? Ci prova la Commissione, che tutto desidera fuorché trovarsi un contribuente netto che si mette di traverso sul bilancio europeo ed un beneficiario netto che ostruisce il rilancio dell’integrazione.

Il quadro è complicato dall’attesa di Brexit. Se il Regno Unito esce davvero, i dubbi invero crescono col passare del tempo e l’aggrovigliarsi delle diatribe fra Inghilterra e Scozia, viene meno la sua quota di contributo al bilancio europeo. Questo conseguentemente si riduce e, riducendosi, diminuisce l’impatto sulle politiche di crescita. Il che potrebbe portare gli attuali contribuenti netti a versare di più per ricevere di meno.  E allora la minaccia di bloccare il bilancio europeo in questo frangente rischia di essere esplosiva non tanto per gli equilibri finanziari quanto per la volontà dell’Unione di lasciarsi la crisi dietro alle spalle.

Ma attenuiamo il senso di rottura imminente. Alla vigilia di appuntamenti importanti, come ora l’approvazione dei bilanci nazionali e la messa in cantiere del bilancio europeo, la drammatizzazione di quanto sta per accadere è fisiologica. Ciascuna delegazione vuole guadagnare posizioni presso l’opinione pubblica nazionale dichiarando che a Bruxelles è pronta a mostrare la faccia feroce. O ottengo questo o rompo tutto. Poi l’arte del compromesso prevale. Si afferma quella che in linguaggio brussellese si chiama “ambiguità costruttiva”, grazie alla quale a fine partita  tutti vincono o possono dichiarare di vincere. Questo almeno finora. E’ pur vero che una tempesta così non la si vedeva da anni.

di Cosimo Risi

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