A partire dal terremoto dell’Irpinia del 1980 i terremoti più forti avvengono in Italia nella zona dell’Appennino centrale: “nel recente passato nella storia sismica dell’Italia è stato pesantemente coinvolto l’Appennino Centrale, che da quasi 40 anni sta dando luogo ai fenomeni maggiori registrati nel nostro Paese”, ha detto il sismologo Antonio Piersanti, dell’Istituto nazionale di Geofisica e Vulcanologia (Ingv). Il terremoto di magnitudo 6,5 avvenuto alle 7,40 vicino Norcia è stato il più forte registrato in Italia a partire dal sisma dell’Irpinia, la cui magnitudo Richter era stata inizialmente calcolata in 6,5 ma che, secondo calcoli successivi basati su una durata più ampia del sismogramma, ha avuto una magnitudo momento pari a 6,9.
Che l’attività sismica italiana degli ultimi decenni sia concentrata nell’Appennino centrale lo testimoniano terremoti importanti, come quelli avvenuti a Colfiorito nel 1997, a a San Giuliano di Puglia nel 2002, a L’Aquila 2009. “I terremoti – ha osservato Piersanti – sono un’ espressione del nostro territorio: sappiamo che tutta l’Italia è vulnerabile e a rischio, ma negli ultimi anni le zone a più alta pericolosità sismica del nostro territorio sono l’Appenino Centrale insieme a quello Centro meridionale, Arco calabro e Sicilia orientale. Questo non significa affatto che il resto del territorio non sia a rischio: non ci si può fidare dei terremoti”.