Una stretta maggioranza della minoranza dell’elettorato americano decide non solo per l’America (il che sarebbe normale e legittimo) ma per l’intera umanità e specie per quella parte non trascurabile della medesima umanità che si riconosce nei valori euro – occidentali. I valori di cui il Presidente americano (la Presidente americana) è alfiere nel mondo.
Ci sta un vuoto di legittimazione fra eletto ed elettorato nella scelta del Presidente. In attesa che pure negli States voti la rete, qui ci contentiamo della rincorsa affannosa dei media al pettegolezzo made in USA. Sappiamo delle confidenze da spogliatoio del candidato Trump. Sappiamo delle mail galeotte della candidata Clinton, che scriveva anche di affari di stato da un server privato anziché da quello ufficiale del Dipartimento di Stato. I vizi privati dei candidati divengono vizi pubblici, oggetto del massimo ludibrio da parte dei sostenitori dell’uno e dell’altra, come se davvero il mondo potesse scegliere il “proprio” Presidente sulla base di registrazioni pirata e mail rubate.
Decidere spiando attraverso il buco della virtuale serratura di microfoni e cimici non depone bene per la sorte della democrazia americana. E neppure per noi che di quella democrazia siamo seguaci. Ma così stanno le cose, ed è vano aspettarsi che migliorino. Anzi, non potranno che degenerare se, come pure si dice, hacker di potenze straniere s’inseriscono nei circuiti cibernetici per influenzare l’esito del voto. Forse è giusto così. Visto che il mondo è escluso formalmente dall’elezione del “proprio” Presidente, tanto vale entrare di soppiatto nel meccanismo del voto e trasformarci surrettiziamente in grandi elettori.
L’agenda internazionale è sospesa ma non gli eventi. Questi precipitano per mettere il nuovo Presidente di fronte ad una serie di fatti compiuti per pregiudicarne l’operato. L’Amministrazione Obama si è messa d’impegno per ridimensionare il DAESH e in prospettiva debellarlo. Trasformarlo in una sigla povera di contenuto come già prima Al – Qaeda.
L’esercito iracheno riconquista Mosul e si attribuisce mediaticamente il merito del risultato. Tutti sanno che dietro a quelle forze armate agiscono forze più potenti e alla fine determinanti. Il ruolo di queste ultime va opportunamente dissimulato perché la lotta al DAESH deve etichettarsi come vicenda interna al mondo arabo – musulmano. L’intervento esterno va tenuto nell’ombra perché non si accusi l’Occidente di rigurgito colonialista e imperialista. La lotta del bene contro il male non si porta più. O almeno non si presenta più come nei primi anni duemila.
Gilles Kepel e Olivier Roy pubblicano contemporaneamente due libri (per ora disponibili sono il francese) sulla matrice del terrorismo internazionale. Il primo evidenzia la matrice religiosa, il secondo enfatizza la matrice politica ed economica. Domenico De Masi (La stampa del 6 novembre) propende per la prima opzione. Jorge Mario Bergoglio indica nella disperazione economica e nell’emarginazione sociale le cause profonde del male. Il dibattito è aperto e si svilupperà in attesa che il Presidente americano prenda la posizione definitiva.
Cosimo Risi