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Industria e Mezzogiorno, una ‘trasmissione’ che invoca il cambiamento (di Tony Ardito)

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“Trasmissione futuro, le classi dirigenti e la sfida del cambiamento” è il tema scelto da Confindustria Salerno per celebrare la assemblea pubblica di domattina. Già dalla articolazione del programma dei lavori si può cogliere una prima, importante “trasmissione”, ovvero la ideale staffetta al timone della associazione degli industriali salernitani, tra l’uscente, Mauro Maccauro, e colui che ragionevolmente verrà indicato quale successore, Andrea Prete, da poco rieletto al vertice della Camera di Commercio.

Probabilmente, il palcoscenico del Teatro Verdi offrirà al presidente di Confindustria, Enzo Boccia, la occasione per ribadire, nella sua Salerno, che la questione industriale è prioritaria questione nazionale, a partire dal Mezzogiorno e dunque, gli imprenditori e non solo, avrebbero motivo di rilevare che forse la manovra del Governo appare pure accattivante, ma di fatto risulta carente.

Una manovra la quale prevede bonus per contrastare la disoccupazione nel Mezzogiorno e che, sulla carta, favorisce giovani ed ultracinquantenni – questi ultimi già destinatari di benefici, si fa per dire, introdotti dalla legge Fornero – e che stabilisce anche alcuni paletti a tutela dei lavoratori (contratto a tempo indeterminato o di apprendistato) e delle imprese (sgravi previdenziali); il tutto con risorse erogate da Bruxelles.

Ed allora si insinua un dubbio:  perché la copertura finanziaria dei provvedimenti relativi al Sud del Paese viene sempre garantita con i fondi europei e raramente da quelli provenienti da Roma? Il Mezzogiorno è considerato una risorsa o una problema?

Altra anomalia della nuova legge di stabilità su cui varrebbe la pena indugiare è quella relativa proprio alla politica industriale. È vero che il Governo apposta ben 24 miliardi di euro per gli  ammortamenti, per abbassare le tasse sulle imprese, per rifinanziare la legge Sabatini sugli acquisti di macchinari e per il Fondo di garanzia; ma, trattandosi di un provvedimento su scala nazionale, fatta eccezione per il rifinanziamento dello stesso Fondo di Garanzia – del quale oggettivamente beneficerebbero le piccole e medie Imprese, maggiormente concentrate al Sud – le altre voci, decisamente più corpose, finiranno col favorire precipuamente il Centro-Nord, ovvero l’area di maggiore insediamento delle grandi imprese.

A questo punto, speriamo che il credito di imposta per i nuovi investimenti effettuati nel Mezzogiorno, previsto anche per il prossimo anno, non venga poi presentato come fosse la manna dal cielo o peggio, quale elemento di riequilibrio a favore delle aree meno industrializzate del Paese.

Al netto di ogni miglior intendimento, ancora una volta sembra mancare quel tanto auspicato e talvolta decantato slancio da parte delle istituzioni centrali nell’immaginare, disegnare e proporre azioni di politica industriale che mettano concretamente il Sud al centro delle scelte, così come invocato anche da Confindustria; così come tanto atteso dagli amministratori locali di ciascun schieramento, dal mondo sindacale, dai giovani e da ogni cittadino di questa parte dello stivale; così come sarebbe funzionale e utile alla intera economia italiana.

 

editoriale a cura di Tony Ardito

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