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Dramma Fonderie: il Piano industriale è incompleto, lo stabilimento non riapre

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Il giudice per le indagini preliminari Stefano Berni Canani ha ritenuto insufficiente e poco particolareggiato il Piano industriale presentato dall’azienda per ottenere la riapertura – anche parziale – dello Fonderie Pisano. La decisione del gip fa seguito al parere negativo che era stato espresso la scorsa settimana dal pool di sostituti procuratori che si occupano della vicenda. Resta ferma l’attività produttiva delle Fonderie che permangono sotto sequestro.

Nel piano, redatto daPisano, mancherebbero – secondo quanto riporta Il Mattino –  le garanzie sull’assunzione del personale e non ci sarebbe alcun elemento oggettivo atto a garantire che, all’80% della sua produzione,  le Fonderie riuscirebbero a contemperare entrambe le esigenze relative all’esaurimento delle commesse e al mancato sforamento dei parametri di tutela ambientale.

Resta poi in piedi il problema relativo alle emissioni di odori molesti. Nonostante, infatti, gli esiti dei controlli svolti dall’Arpac nel mese di agosto 2016 abbiano attestato la conformità ai limiti tabellari dei parametri relativi agli scarichi, sono perdurate le segnalazioni dei cittadini delle abitazioni confinanti che lamentavano immissioni moleste di fumi, odori e gas maleodoranti.  Ciò significa, scrisse il Gip nel decreto dello scorso ottobre, che: «persino in presenza del rispetto dei limiti» le emissioni «hanno comunque superato il limite della normale tollerabilità».

Nel decreto di rigetto dell’istanza di dissequestro il gip si rifece proprio al principio sancito dalla Cassazione secondo cui «non esiste una normativa statale che prevede disposizioni specifiche e valori limite in materia di odori, con conseguente individuazione, quale parametro di legalità dell’emissione, del criterio della «stretta tollerabilità» e non invece di quello della«normale tollerabilità».

L’ultima parola spetta ora al al Tribunale del Riesame che il prossimo 28 novembre si pronuncerà sul ricorso presentato dall’avvocato Guglielmo Scarlato dopo che Procura e giudice avevano dato parere negativo nonostante i rilievi effettuati dall’Arpac ad agosto fossero pressoché positivi.

Nel frattempo lo spettro del licenziamento è dietro l’angolo per 120 lavoratori.  L’incontro della scorsa settimana tra sindacati e Regione si è concluso con un nulla di fatto ed è stato aggiornato a data da destinarsi in quanto non ci sarebbero ancora le condizioni. La cassa integrazione, infatti, può scattare in caso di riapertura dell’impianto o con un processo di delocalizzazione ben definito. La proprietà si è impegnata a presentare un possibile sito alternativo da valutare insieme alla Regione, pur ribadendo che la ripresa dell’attività è condizione imprescindibile per avviare il processo di delocalizzazione.

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