Un filo che da Napoli corre fino a Lecce per risalire verso Pompei, lì dove tutto è cominciato. Dove è partito quel post con foto osè pubblicato da un profilo finto, gestito – secondo le prime indagini – dall’ex fidanzato di Giovanna. Lui si chiama V.V. ha 35 anni e abita a Pompei. Lei abita in provincia di Lecce. Si sono conosciuti al mare. Un tuffo, un bacio e quattro risate. Poi la passione che brucia sotto l’ombrellone e quelle foto scattate per gioco nella dolcezza dell’intimità. Qualche mese fa, però, la svolta. Giovanna decide di lasciare il suo fidanzato e per lei inizia l’inferno. V.V.decide di fargliela pagare e pubblica le sue foto osé su internet.
La 30enne residente nella provincia di Lecce è sconvolta. Sul suo volto ci sono le lacrime di una donna umiliata, nella sua mente le immagini di Tiziana e del suo incubo spezzato solo dalla morte. Ma Giovanna reagisce. Si rialza, chiama l’avvocato e decide di denunciare sia il suo ex che nientemeno che Mark Zuckerberg perché altre foto di lei “dallo spiccato contenuto grafico” erano state pubblicate nonostante il processo in corso. Ora tutto l’incartamento è finito nelle mani della Procura di Torre Annunziata. Una vicenda che ha origine due anni fa circa. V.V. aveva creato un falso profilo Facebook, un profilo attribuito con tanto di nome e di indirizzo della giovane salentina senza che lei ne avesse conoscenza. All’interno del profilo aveva caricato online anche alcune foto di lei. Accortasi di quanto stava accadendo, è scattata così la denuncia alla Procura di Lecce. Il tribunale pugliese si è però dichiarato incompetente per territorialità sui reati commessi online e ha così trasferito gli atti alla Procura di Torre Annunziata, competente per territorio, essendosi il reato consumato a Pompei. Dopo la denuncia è scattata così la “rimozione d’autorità” del profilo. Con un secondo profilo falso, però, sono state pubblicate altre foto compromettenti.
E’ allora che la donna salentina ha deciso di denunciare anche il fondatore di Facebook. Secondo l’avvocato della donna, Giancarlo Sparascio – che recentemente ha depositato un’integrazione di querela – il gestore di Facebook avrebbe tenuto «condotte omissive, non individuando un metodo che consenta di identificare con certezza le persone che aprono dei profili e la corrispondenza tra il profilo e il nome». In tal modo – sempre secondo il legale – il colosso dei social avrebbe contribuito a diffondere illegalmente le foto grafiche di una donna inconsapevole. Una giovane messa alla gogna sul web. Proprio come era successo a Tiziana, qualche mese fa. La ragazza di Napoli processata e derisa per un gesto d’amore e morta nel silenzio con un foulard avvolto attorno al collo.