Strano destino, qualcuno potrebbe dire. E invece proprio no, il destino non è mai anomalo. Anzi, è esattamente l’opposto. Il “de-stino” è infatti ciò che, soltanto, appartiene alla “cosa” medesima. E quindi, il destino “unitario” del Sud ben rappresenta il fallimento ultrasecolare della politica nel nostro paese. Un divario, tra il nord e il sud del paese, che non è mai colmo.
Un accadimento che, nell’ordine della democrazia rappresentativa di stampo classico-liberale, dovrebbe determinare l’attribuzione della maggiore responsabilità piuttosto alla classe dirigente, all’élite politica, sociale ed economica sia del paese che delle autonomie locali e territoriali di riferimento.
E tuttavia, rispetto a un passato ancora recente, l’elemento della territorialità finisce ora per giocare un ruolo sempre più marginale e quindi la comunità locale, ogni comunità locale dimostra di potere, volere e sapere crescere anche oltre i confini territoriali di appartenenza nei quali la più antica e vecchia politica vorrebbe mantenerla mediante usuali e abusate manovre costrittive. Salvo poi accorgersi, a conti fatti, che quelli che erano i troppi, tanti “cafoni” sono divenuti “cittadini”. E ciò, grazie soprattutto all’aiuto e al merito degli altri e dell’altro, di tutti coloro e di tutto quanto non appartiene, in esclusiva, al mondo, da loro ristretto, dei politici e della politica. Noi e loro; e allora, diranno che siamo i soliti anarchici.
A queste elezioni, nel sud ha partecipato il 68,73% degli aventi diritto al voto. Nell’intero paese, il 68,48 per cento. Nel sud, ha votato NO il 59,49%. In Italia, il 59,95 per cento. E dunque, metaforicamente: il sud, specchio del paese. E tuttavia, affermarlo, sarebbe un altro sbaglio. Infatti, si sa, ogni specchio riflette l’immagine di colui che, ponendovisi di fronte, la vede al contrario. Ma stavolta, almeno stavolta, si sbaglierebbe. L’immagine, e quindi la realtà del paese è esattamente la stessa.
Protagonista suo malgrado di queste elezioni, il sindaco di Agropoli ne ha commentato l’esito, facendo sapere a Renzi e De Luca – scrive oggi Demarco sul Corriere della sera – “che se lo avessero fatto parlare avrebbe riferito di un Sud diverso da quello immaginato. Vale a dire?”. Risponde Alfieri: “Ci siamo rivolti a chi sorride, non a chi soffre. E avevamo di fronte le classi dirigenti, non i disoccupati”.
A conti fatti, ha avuto senz’altro ragione.
Angelo Giubileo