Il repubblicano The Donald, contro le ragionevoli previsioni di esegeti e soloni ha sconfitto, ad uno ad uno, dapprima gli avversari interni alle primarie ed a novembre scorso la supercorazzata messa in campo dai democratici con al timone Hillary Clinton.
Dal giorno successivo alla elezione del magnate, non sono mancate polemiche, ripercussioni e riverberi di ogni genere, tra i confini nazioni innanzitutto, ma anche sul versante internazionale. Dichiarazioni e complimenti tiepidi, quasi imbarazzati pure da parte della alleata Europa che, durante la lunga campagna elettorale, aveva tutt’altro che celato le proprie simpatie – al limite della tifoseria – verso la ex first lady e segretario di stato del presidente Obama.
Matteo Renzi, impegnato in Italia, nel corso di una spavalda propaganda a sostegno della riforma Boschi, costatagli la poltrona di Palazzo Chigi, aveva intrecciato con il governo americano un rapporto molto fitto ed una forte intesa con una sorta di mutuo sostegno elettorale. L’ambasciatore americano a Roma, alla vigilia del voto sul referendum, bollò come una iattura la vittoria del no; mentre dal nostro Paese partivano continui input verso i numerosi presidi italiani in terra americana al fine di aiutare a garantire la continuità dei democratici allo Studio Ovale.
Le urne hanno emesso il loro verdetto e così alle 12.00 di venerdì del 20 gennaio 2017, Donald Trump, giurerà solennemente davanti al Campidoglio, sede del Congresso americano a Washington, quale 45° presidente degli Stati Uniti d’America.
C’è altresì da considerare che, non molti anni fa, pensavamo a Washington ed a Mosca come emisferi contrapposti, dai quali dipendevano le sorti del mondo intero. Oggi, entrambe hanno compreso che il nemico, sul quale sono distintamente ree di gravissimi errori di valutazione, è altrove, ma forse qualcuno paradossalmente individua come un pericolo il fatto che Trump e Putin possano azzardarsi a dialogare con disinvoltura e a provare ad andare persino d’accordo, in particolare sui delicati temi della lotta al terrorismo islamico.
Al netto di qualche tono colorito che attiene al personaggio, il presidente Trump si è presentato persona diversa dall’irriverente candidato Donald e da sabato prossimo si spera possano giungere chiaro e forte i primi segnali. Ciò che più preme a tutti, anzi a gran parte dei popoli, è che, senza intraprendere dissennate iniziative belliche, ma abili e chirurgiche azioni, si operi allo scopo di garantire la sicurezza necessaria, oggi più che mai condizione imprescindibile per riaccendere in ogni dove qualsiasi fiducia e speranza.
Editoriale a cura di Tony Ardito
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