Ora, spiegano i cronisti, sulla base di quel canalone c’è solo gelo e silenzio. Guardando in alto si vede solo una lingua di neve bianchissima che scende dalle cime dei monti. Sembra una pista da sci invece, sottolineano quelli della Protezione civile, lì c’erano centinaia di alberi travolti dalla furia della slavina. Più in basso, dove c’era l’hotel, i resti di una stanza spazzata via: rimane la porta (ora era esterna, prima del disastro era una normale porta interna), l’ingresso della sala da biliardo dove si sono salvati i bambini, un quadro ancora appeso, un faretto. E ancora, per terra, cuscini, divani sventrati, scarpe, cesti di vimini, pezzi di valigie. Lo stesso scenario che si presenterebbe dopo l’esplosione di una bomba o lo schianto al suolo di un aereo. Ancora intorno, è l’agghiacciante reportage del Corsera, le auto che erano parcheggiate e che ora sono conficcate in verticale nel ghiaccio.
Vista da pochi metri, sottolinea, si capisce come la differenza tra chi è morto (sono 29 le vittime) e chi è scampato (sono 11 i “miracolati”) l’abbia fatta veramente solo il caso: per chi era nella zona bar (ora irriconoscibile) è stata morte inevitabile, chi stava fra la sala biliardo e gli spazi comuni lì accanto oggi può raccontare quell’incubo.
Fonte www.liberoquotidiano.it
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