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Cavallaro (CISAL): «Più iscritti al sindacato che italiani»

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“Sommando il numero degli associati, si scopre che in Italia ci sono più iscritti al sindacato che italiani”. Con una battuta fulminante, ma significativa, il Segretario Generale della CISAL, Francesco Cavallaro, pone all’attenzione del Governo il problema della rappresentanza e della rappresentatività chiedendo al Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali una seria verifica del numero degli iscritti e, soprattutto, delle sedi territoriali delle organizzazioni sindacali nel nostro Paese.

Chiudendo i lavori del Consiglio nazionale Cavallaro ha, infatti, denunciato il “bluff” delle “sedi sindacali dichiarate al Ministero, ma con indirizzi spesso coincidenti con la residenza dei propri dirigenti”. “Se non si cambia registro – tuona provocatoriamente il Segretario Generale della CISAL – l’anno prossimo dichiarerò 8 milioni di iscritti: tanto nessuno controlla e vince chi la spara più grossa”.

Al Consiglio nazionale della Confederazione Italiana Sindacati Autonomi Lavoratori, riunito per tre giorni a Salerno, Cavallaro ha, infatti, detto chiaro e tondo che la nuova sfida della CISAL, quella per l’affermazione delle “libertà responsabili”, impone un sindacato serio, trasparente, competente e, appunto, responsabile.

Un sindacato al servizio dei lavoratori stanchi delle finte tutele perché, più che mai, bisognosi di difensori dei diritti e degli interessi di chi crede fermamente nell’insostituibile ricchezza del “capitale” lavoro. Francesco Cavallaro ha ammonito, senza peli sulla lingua, che “nella CISAL non c’è spazio né per chi considera il sindacato un orticello personale, né per chi non ha interesse a formarsi o aggiornarsi sul nuovo modo di fare sindacato che, invece, la rivoluzione in atto nel mondo del lavoro impone”.

Non a caso, al Grand Hotel Salerno, per due giorni si è parlato di Jobs Act, grazie ad un seminario di approfondimento tecnico di altissimo livello, inserito nell’ampia offerta formativa sulla quale la CISAL sta investendo per assicurarsi dirigenti in grado di assistere senza incertezza alcuna i lavoratori. “Ripartire dal territorio” è, infatti, la parola d’ordine più volte ribadita da Cavallaro in sala, specie quando ha annunciato che, nei prossimi giorni, sarà avviato un serrato confronto con le federazioni nazionali per mettere a punto le linee guida organizzative del sindacato.

Approvati all’unanimità i bilanci consuntivo e preventivo, “all’insegna della prudenza e dell’equilibrio”, che premiano la CISAL al termine di un anno faticoso, ma caratterizzato da ottimi risultati che verranno consolidati alla fine del 2017. Particolare attenzione, il Segretario Generale della CISAL ha voluto dedicare al settore del pubblico impiego “nel quale – ha sottolineato – non bisogna difendere i fannulloni, che vanno invece emarginati, ma neppure commettere l’errore di far passare il falso messaggio che nella Pubblica Amministrazione nessuno lavora”.

Durissimo il giudizio di Cavallaro sull’«accordo truffa firmato da Cgil, Cisl, Uil e, a ruota, dalla Confsal, che la Cisal ha contestato, sin dalla vigilia, perché finalizzato solo a sponsorizzare il referendum costituzionale. I fatti – ha osservato Cavallaro – ci hanno dato ragione perché adesso torneremo ai tavoli dell’Aran per riaffrontare il discorso di rappresentanza e rappresentatività”. Sindacato è anche e soprattutto solidarietà e a Salerno Cavallaro ha ricordato e rilanciato la raccolta di fondi promossa dalla CISAL a favore dei terremotati del Centro Italia.

“Il cuore grande dei lavoratori – ha concluso Cavallaro – è l’unica certezza di questo nostro Paese abbandonato alla confusione più totale, alla disoccupazione galoppante (che rischia di esplodere alla fine del 2017 quando le imprese tenteranno di sbarazzarsi dei dipendenti assunti con gli sgravi contributivi), al debito pubblico che cresce nonostante la sindrome di tagliare indiscriminatamente tutto. Anche la dignità dei lavoratori che, invece, la CISAL continuerà a difendere mettendo in campo la forza e il cuore che animano un vero sindacato”.

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