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Avvocati, esami copiati in quindici rischiano il processo

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Compiti copiati all’esame di avvocato nel 2015: decreto di condanna per 15 indagati su 60. Altri, probabilmente, nelle prossime settimane. Chiuse a tempo di record le indagini sugli elaborati copiati da diversi siti internet per superare le tre prove scritte che consentono ai praticanti di diventare avvocati. Tra i 15 che hanno ricevuto o riceveranno il decreto ci sono parenti di noti professionisti salernitani. Ad aver chiuso il lavoro sono stati i pm Giuseppe Cacciapuoti e Roberto Lenza della procura di Nocera Inferiore, al quale erano stati girati i fascicoli provenienti dalla Corte d’Appello di Brescia che aveva riscontrato elaborati copiati  (in alcuni casi uno o più di uno per ogni concorrente) grazie all’uso, probabilmente, via email o whatsapp o semplicemente scaricandolo dai siti indicati.



La notizia, anticipata da Le Cronache nel dicembre scorso, ha squarciato un velo su un esame difficile che alcuni avevano cercato di superare barando, nonostante gli esaminandi si trovassero in un’aula dell’università di Salerno e con controllori tra i banchi, ma che le correzioni hanno stanato. I decreti di condanna seguono quelli analoghi per un caso simile emessi nei mesi scorsi in Puglia un analogo caso, con 103 elaborati copiati da elaborati via email o whatsapp.

Il reato per il quale si procede è l’articolo 1 della legge 475 del 1925, che reprime «la falsa attribuzione di lavori altrui da parte di aspiranti al conferimentodilauree,diplomi,uffici, titoli e dignità pubbliche».  Le anomalie sono state riscontrate in tutte e tre le prove, a seconda dei candidati. In alcuni casi, gli stessi si sarebbero munitidi telefono cellulare per accedere a siti specializzati in rete, prendendo parti poi ritenute congrue alla stesura del proprio elaborato. Trai portali citati dalla procura, c’è il dominio “Diritto.it”.

La circostanza avrebbe di fatto portato alla violazione del diritto d’autore, regolata dal Regio decreto del 1925.  Due le strade per chi, invece, risulta essere destinatario del decreto. La prima, è quella di versare la sanzione, secondo quanto prevede la legge, di 7.500 euro. La pena pecuniaria infatti, parte da una base di tre mesi di reclusione, che viene diminuita per la concessione delle attenuanti generiche e sostituita con il corrispettivo di una somma da pagare. L’alternativa è presentare opposizione al decreto penale, con tanto di memoria difensiva,  puntando alla fase dibattimentale davanti ad un giudice.

 

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