All’età di un mese un attacco di bronchiolite, un’infezione virale acuta, e la conseguente mancanza di ossigeno per un tempo troppo lungo gli hanno provocato una lesione cerebrale da cui non si è più ripreso. Non parla, non scrive e, spiega la mamma, “non sa neanche cosa sia una nota”. Ma Lucia, 49 anni, dopo aver letto l’appunto stizzito dell’insegnante di suo figlio non si è scomposta. Su quello stesso quaderno a quadretti grandi ha risposto con ironia: “Ho sgridato Adriano per il suo comportamento. La nota positiva è che i rutti erano piccoli perché a casa li fa grandi”. Firmato: “La mamma”.
Lucia spiega ad HuffPost che “Adriano reagisce così quando non è interessato a ciò che gli sta intorno. È il suo modo per comunicare che qualcosa non va”. Ma l’insegnante di sostegno, che ha il compito di facilitare l’integrazione in classe degli studenti con disabilità, non l’ha capito. Non solo. Ha deciso di punirlo con una brutta nota sul quaderno senza dare la possibilità al giovane di scoprire perché quel “disturbo” fosse tanto sbagliato. “Appena ho letto la nota mi sono messa a ridere, poi però ho riflettuto. È un episodio emblematico di quello che spesso succede a scuola con ragazzi come Adriano”, racconta la mamma ad HuffPost. “Nelle aule servono persone specializzate, capaci di andare incontro ai bisogni specifici degli studenti con disabilità più o meno gravi”.
Eppure per Adriano la scuola non è mai stata un problema. “Dopo cinque anni splendidi, il passaggio alle medie è stato duro”, continua Lucia. “Alle elementari aveva un maestro bravissimo che riusciva a interessarlo. Stava sempre in aula e seguiva le lezioni come tutti i suoi compagni. Adesso invece è cambiato tutto”. Un passaggio difficile: una classe diversa, un ambiente nuovo e poi la nota firmata da quell’insegnante di sostegno che per primo avrebbe dovuto capire il suo disagio.
Ma per Adriano le difficoltà continuano anche fuori dalle aule scolastiche. Lucia lamenta la mancanza dell’assistenza domiciliare che aspetta da un anno dal XIV municipio di Roma, dove ha fatto richiesta. “Dal Comune mi hanno detto di aspettare perché c’è gente in graduatoria da cinque o sei anni”, spiega ad HuffPost. La presenza di un educatore aiuterebbe Adriano nel suo percorso di crescita e relazionale, sostenendo anche la famiglia giorno per giorno. “Ma più si va avanti e più è difficile gestire questi ragazzi quando diventano adolescenti. E intanto si perde tempo prezioso. Se non vengono seguiti fin da piccoli poi peseranno ancora di più sul sistema sociale”.
Fonte huffingtonpost.it