“Qualche amico psicologo mi ha spiegato – racconta
Paolo Dal Checco, consulente informatico forense a il Giornale spiega: che lo smartphone è uno strumento che ci permette di raggiungere il mondo intero e abbiamo paura che il mondo intero riesca a entrare nello strumento e spiarci. E quindi anche le persone che tendenzialmente non hanno alcuna ragione per temere possibili intercettazioni, sono convinte che ci sia qualcuno disposto a investire tempo e denaro per tenerle sotto controllo”.
Snowden: “Milioni di telefoni controllati dall’Nsa”
Questa fobia, già presente, si è diffusa ulteriormente a partire dal giugno del 2013, quando Edward Snowden, ex consulente dell’Nsa, ha raccontato al mondo intero le attività di sorveglianza di massa nei confronti dei cittadini statunitensi e stranieri compiute dall’agenzia a partire dal 2001. Le inchieste sul Datagate, condotte dal Guardian e dal Washington Post, si sono allargate a macchia d’olio, superando i confini nazionali. Si è scoperto che a essere sotto controllo fossero, non solo i telefoni cellulari di molti leader mondiali, ma milioni di telefonate effettuate in diversi Paesi europei, tra cui l’Italia. L’Nsa si era infiltrata regolarmente nei data center di Google, Yahoo e altre aziende statunitensi per collezionare i dati degli utenti.
Nella maggior parte dei casi, a spiarci è il vicino di casa, l’amico o l’ex
Al di là delle rivelazioni di Snowden e del Datagate, che hanno fatto tremare i palazzi del potere, “ciò che accade nella maggior parte dei casi, almeno secondo la mia esperienza, è molto più semplice”, spiega Dal Checco. Quotidianamente c’è gente che si rivolge alla sua società, lo studio associato DiFoB (Digital Forensics Bureau) di Grugliasco, vicino Torino, per far esaminare il proprio pc o telefono, convinta che siano sotto controllo. Alcune volte queste persone ritengono che a spiarle sia qualcuno che conoscono, altre volte qualcuno che non conoscono. Nei casi in cui i tecnici riscontrano un’effettiva attività di spionaggio, dietro c’è quasi sempre una persona nota: un amico, la fidanzata, il marito o l’ex.
Attenzione a whatsapp web
Le tecniche utilizzate spesso sono molto semplici e non necessitano di specifiche competenze informatiche: possono essere adottate anche da un ragazzo di 13 anni. La prima è whatsapp web: una funzione dell’app di whatsapp che permette di sincronizzare un altro dispositivo, un computer o un cellulare, con la chat della vittima. “Il marito, l’amico, la moglie o l’ex prendono in mano il telefono, attivano la sincronizzazione di whatsapp sul proprio cellulare ed è fatta: all’insaputa della vittima visualizzano in tempo reale i messaggi inviati e ricevuti – spiega Dal Checco -. E tutto questo può andare avanti per mesi. Chiunque può rilevare se il proprio telefono è stato acquisito tramite il mirror di whatsapp web. Basta andare nel menù della chat, cliccare su whatsapp web e verificare se ci sono sistemi sincronizzati. In questo caso, disabilitarli e impedirgli di accedere ancora”. Sembra banale, ma in realtà la maggioranza delle persone non sa neppure dell’esistenza di questa funzione
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