Quest’anno il SalerNoir Festival rende omaggio a uno dei padri dell’hard boiled italiano con l’istituzione del “Premio Attilio Veraldi”, che affiancherà l’altro, prestigioso e ambitissimo, riconoscimento: il “Premio Barliario”, ancora per questa edizione tributo alla carriera, ma dall’anno prossimo vero e proprio concorso letterario. Altra novità di quest’anno sarà il Premio Barliario riservato ai ragazzi delle scuole che hanno partecipato alla scorsa edizione e scritto un racconto a tema. E ancora un Premio sarà offerto da uno degli sponsor.
L’edizione 2017 del Premio Barliario, sarà un riconoscimento alla carriera al papà del commissario Ricciardi e dei Bastardi di Pizzofalcone, quel Maurizio de Giovanni che, scalando con le sue opere le classifiche di vendita, si è ritagliato uno spazio di primo piano nell’Olimpo del giallo italiano.
Il Premio Veraldi, invece, sarà assegnato ogni anno a uno scrittore di noir che, attraverso la sua opera, maggiormente si sarà avvicinato allo stile e ai contenuti del grande maestro partenopeo, le cui ceneri dopo la morte nel 1999 a Montecarlo furono disperse, per sua espressa volontà, al largo delle acque monegasche. In quel Mediterraneo che era stato la sua patria di nascita e di elezione e che fu sempre uno degli elementi ispiratori delle sue storie.
Il riconoscimento, quest’anno, sarà assegnato a uno degli epigoni più autorevoli della “scuola di duri” nata con i libri di Veraldi: Massimo Carlotto, prolifico autore di noir e polizieschi in cui ricorrono frequentemente le tematiche trattate da Veraldi nei suoi libri.
“SalerNoir Festival, le Notti di Barliario” ringrazia il Pastificio Antonio Amato e la Floor Italia Ceramiche.
ATTILIO VERALDI
Veraldi è considerato, a parere unanime dei critici di genere, un grande della letteratura poliziesca dell’ultima parte del Novecento. Del suo libro d’esordio, “La Mazzetta” (1976), poi portato sul grande schermo da Sergio Corbucci (con una strepitosa prova d’attore di Nino Manfredi), Oreste del Buono scrisse: “E’ il più bel giallo che abbia mai letto”. Napoletano purosangue, uomo di cultura eclettico (ha tradotto per Mondadori decine di classici del noir, ma non solo) dalla vita avventurosa, tra la metà degli anni Settanta e l’inizio dei Novanta Veraldi rivoluzionò completamente il poliziesco. L’elemento geografico, con il suo specifico storico, culturale e antropologico, fu determinante per questo cambiamento, a suo modo epocale. Se da Scerbanenco in poi, infatti, la patria del noir e dell’hard boiled italiano era stata Milano, con i suoi libri il baricentro si abbassa a Napoli.
Insieme con le ambientazioni cambiano le storie e i personaggi; nel noir italiano fa irruzione la camorra, l’imprenditoria collusa, i politici corrotti, la “zona grigia” tra legalità e illegalità, la violenza di strada, metropolitana, che ancora oggi è uno dei segni distintivi della città sotto il vulcano. Una sorta di “realismo vesuviano” che ha aperto la strada a molti scrittori di genere che sono venuti dopo. E vulcaniche sono la prosa e la vena narrativa del maestro, che dopo il successo de “La Mazzetta” fa rivivere il personaggio di Sasà Iovane, sedicente avvocato-commercialista-tuttofare, ne “L’uomo di conseguenza” (1978). Due anni dopo ancora un successo: “Il Vomerese”, lucido romanzo profetico con al centro la storia di un gruppo di terroristi rossi di base a Napoli. Verranno poi “Naso di cane” (1982) e “L’amica degli amici” (1984), in cui l’elemento – camorra, nella sua caratteristica di insieme di bande criminali, gruppi di gangster metropolitani che si fanno la guerra tra loro per il controllo della droga, sarà dominante. Del ‘90 è “Donna da Quirinale”, scritto a quattro mani con Guido Almansi. Ma uno dei libri più belli, ancorché poco conosciuto, è “Scicco. Storia di mariuoleria”, pubblicato nel ’91 per Mondadori. Un piccolo gioiellino, che riporta Veraldi nei luoghi della sua giovinezza, tra i vicoli di Napoli, dei quali il maestro riesce a restituire i suoni, i colori, i sapori, gli odori, anche attraverso l’utilizzo di una lingua impastata nella parlata della plebe che li popola. L’ultima opera, “L’ombra dell’avventura” (1992) è anche la più autobiografica di tutte, ispirata ad un episodio particolare della giovinezza di Veraldi: quando, in cerca di nuovi stimoli, abbandonò tutto e s’imbarcò come mozzo su una nave cargo che solcava il Mediterraneo.
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