Stamane il gup del Tribunale dei Minori di Napoli ha disposto un programma di riabilitazione per gli 11 ragazzi (uno di loro all’epoca era 13enne e quindi non imputabile). Già ai domiciliari dallo scorso 20 febbraio, ora sono destinati a tornare a scuola o lavorare (uno di loro ha raggiunto i 18 anni di età), svolgere attività sportive e di volontariato.
L’unica restrizione disposta dal giudice è di non avvicinare in alcun modo la vittima, ma di adoperarsi per ristabilire – mediante adeguati comportamenti e scuse – dei buoni rapporti con lei dalla quale devono ottenere il perdono. Per il resto, ultimati i compiti scolastici o lavorativi, quelli sportivi e di volontariato, potranno essere liberi di uscire e frequentare i propri amici in locali o in piazza.
Lo stupro di gruppo emerse quando i carabinieri avviarono (tra maggio e giugno del 2016) indagini sul branco che faceva girare da un telefonino all’altro i video della ragazzina di Pimonte ”ceduta” dal suo fidanzatino ai suoi amici.
La ragazza veniva costretta ad avere rapporti con tutti loro. Molti degli aguzzini risultarono appartenenti a famiglie oneste di operai e contadini. Bravi ragazzi in famiglia, ma che erano stati in qualche modo condizionati ad agire come dei bulli da tre capi-branco, cugini tra loro e legati da vincoli di parentela a pregiudicati locali.
Fu uno choc per tutto il paese che fece quadrato intorno alla famiglia della vittima, ma fu uno choc anche per le famiglie dei ragazzi colpevoli. A fare maggiore impressione fu il dettaglio per cui le violenze si consumavano in una delle capanne che a Natale ospitava il Presepe vivente.
Dopo la denuncia, la vittima è stata seguita da uno psicologo ed è tuttora affidata alle cure dei medici perché non è ancora riuscita a rasserenarsi. Tuttavia, per i danni subiti, le è stato riconosciuto un risarcimento economico che ognuna delle famiglie dei ragazzi colpevoli delle violenze pagherà per la propria parte.
Fonte ANSA