Un pensiero “Ardito” ma non troppo… I Sepolcri: percorsi tra fede e tradizioni

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 “Sepolcro” è un termine improprio per significare l’addobbo che, nel giovedì Santo, sottolinea l’esposizione al pubblico dell’Ostia consacrata, a celebrare solennemente la festa dell’istituzione dell’Eucarestia, avvenuta nel corso dell’ultima cena di Gesù, prima del Calvario. E’ la fantasia popolare che ribalta le prospettive temporali degli avvenimenti della Passione e fa allestire il sepolcro un giorno prima della morte di Cristo.

Generalmente in questa celebrazione c’è poco di sepolcrale: tutto è ricco e luminoso. Un trionfo di luci, colori, fiori e stoffe circonda l’Ostensorio nella mistica atmosfera della settimana santa.
Grazie al prezioso suggerimento della dirigente scolastica dell’istituto comprensivo Maiori-Minori, Milena Satriano , ho varcato la soglia della basilica su Santa Trofimena in Minori ed ho potuto così apprezzare l’opera del maestro Giacomo Palladino e scoprire che per questo rito solenne, fin dal principio del Novecento, in quei luoghi della costa d’Amalfi, si tramanda l’usanza di comporre sul pavimento antistante l’altare del Santissimo, un “tappeto” realizzato con segatura colorata, generalmente illustrativo  di una scena della Passione. Il “tappeto” viene, poi, circondato da una cornice di germogli bianchi di grano, coltivati dalle donne al buio delle cantine, lontano dalla luce del sole per mantenerlo candido.

Per realizzare il “tappeto” si usa ancora oggi, come nel passato, segatura e polveri colorate che, ingegnosamente mescolate, rendono gli effetti di una vera pittura fatta di disegno, colori e toni. Si tratta di una tecnica simile a quella dei “Madonnari”, anche se questi ultimi usano esclusivamente gessetti colorati. Il “Tappeto”, invece, viene dipinto solo con segatura setacciata mista a pigmenti colorati. La tecnica è più o meno, la seguente: dopo aver tracciato sul pavimento il disegno da realizzare, si passa alla colorazione e, partendo dall’alto, si lascia cadere sul  pavimento, facendo uso di colini di diversa grandezza e varia foratura, la segatura setacciata mista ai pigmenti. Per ottenere le sfumature o i piccoli particolari, bisogna abbandonare ogni attrezzo ed intervenire manualmente, facendo cadere a pioggia, e con una certa perizia e precisione, il colore nella giusta misura con il solo uso del pollice e dell’indice. Infine, per racchiudere l’opera, si esegue, utilizzando la stessa tecnica, una cornice, con motivi floreali o geometrico-decorativi.

Quest’anno l’opera rappresenta una scena della vita di Cristo: “ Il discorso della montagna”  ed è stata realizzata da Palladino il quale, dopo alcuni anni di assenza da Minori, ha inteso riprendere la consuetudine di eseguire personalmente il “Tappeto”.

E’ davvero una bella tradizione che spero venga tramandata, pregna dei suoi molti significati, alle nuove generazioni. C’è bisogno di avere coscienza di noi stessi e dei valori di cui siamo custodi e forieri per scrutarsi dentro, per guardare avanti, per rinnovare la disponibilità verso il prossimo ed alimentare le ragioni del nostro cimento quotidiano.

editoriale a cura di Tony Ardito, giornalista

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