I venti di guerra durante la pasqua di ebrei e cristiani (di Cosimo Risi)

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Pesach ebraica e pasqua cristiana coincidono quest’anno. A ricordarle intervengono non le tradizionali professioni di pace ma i turbini di guerra che rombano in Medio Oriente e in Asia.

Le armi di distruzione di massa tornano di moda: non per decretare la loro distruzione ma per riaffermare la loro attualità.

Il regime siriano è accusato di avere sganciato bombe chimiche su un villaggio occupato dai ribelli, non importa che fra le vittime si contino incolpevoli bambini che certo non hanno avuto il tempo di ribellarsi.

Gli Stati Uniti costatano che l’ONU non reagisce adeguatamente al misfatto. Lo scontato veto russo blocca la risoluzione di condanna e l’autorizzazione alla reazione.

Il Presidente Trump, vuoi per afflato umanitario e vuoi per cercare il consenso interno che gli manca dal momento dell’elezione, ordina di bombardare la base aerea da cui sarebbero decollati i velivoli fatali.

Pochi i danni materiali: i siriani, verosimilmente avvertiti dai russi, a loro volta avvertiti dagli americani, avevano sgombrato per tempo. Resta il fragore di una reazione  unilaterale, che gli alleati degli americani qualificano necessaria, che gli alleati dei siriani bollano di pretestuosa. La missione a Mosca del Segretario di Stato USA, lo stesso che il Presidente Putin aveva insignito di un’onorificenza quando guidava la Exxon, si risolve in una “non rottura”.

Il che significa che i due paesi sono d’accordo nel non essere d’accordo. E’ già qualcosa. Guai ad essere in disaccordo sul disaccordo: fra due superpotenze, parimenti assertive sul piano internazionale, ci sta poco da scherzare, l’incidente sta dietro l’angolo. E d’altronde tutti ricordiamo il Dottore Stranamore di Stanley Kubrick.

Il dittatore nordcoreano, in Estremo Oriente, ordina l’ennesimo esperimento volto a mostrare che il suo paese è dotato dell’arma nucleare e dei sistemi per lanciarla anche a grande distanza. Fino a colpire la California, come pretende la propaganda? Di sicuro dalla gittata sufficiente a raggiungere gli alleati asiatici d’America, Sud Corea e Giappone.

Il Presidente Trump non ci sta ed ordina ad una flotta con portaerei di muovere verso il Mare Giallo. Le immagini mostrano i militari a stelle e strisce addestrarsi in Sud Corea a sbarchi sull’altra sponda. La Cina invita Pyongyang a desistere dall’esperimento.

I rapporti fra Beijing e Washington non sono ottimali dopo l’annuncio del Presidente Trump “America first”, e cioè: riduciamo lo squilibrio commerciale nei confronti della Cina e riportiamo a casa certe produzioni.  Una nuova azione militare si profila, a meno che la Cina non eserciti fino in fondo la sua capacità di persuasione o finché il giovane dittatore ritrovi la prudenza del predecessore, che pure minacciava sfracelli ma poi desisteva dal porli in atto.

La geopolitica, una disciplina tornata alla ribalta dopo anni di silenzio, è in subbuglio. Le relazioni internazionali sono mobili, in maniera anche forsennata e con un tasso d’imprevedibilità che poco dice di buono. Una lezione basilare di diplomazia vuole che nel mondo domini la prevedibilità delle azioni più che l’ostentazione della forza.

Con le armi di distruzione di massa, che nessuna convenzione internazionale ha definitivamente debellato, l’incidente è probabile quanto l’errore di valutazione. La stabilità  richiede anzitutto saggezza.

L’Europa della saggezza, che ha bandito la guerra dal continente grazie all’Unione, ha il dovere di dire e fare qualcosa di definitivo. Non solo più guerre nel nostro continente ma neppure nelle immediate vicinanze. A cominciare dalla Siria.

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