Nei giorni scorsi, il governo italiano ha deciso di non aderire all’intesa – firmata da 16 paesi dell’Unione Europea, tra i quali Francia e Germania potremmo aggiungere da un lato e la Grecia dall’altro – d’istituire l’Ufficio del Pubblico Ministero Europeo con compiti, purtroppo assai limitati, essenzialmente di controllo sull’operato dei procuratori nazionali.
L’Italia non ha firmato, ma l’intera vicenda testimonia che è iniziata una diversa strategia, di cui si è ampiamente parlato e che d’ora in avanti muoverà l’Unione Europea “a due velocità”. La mancata adesione all’intesa è dunque un male, del quale inoltre non abbiamo appreso nè si capiscono le motivazioni.
Il mito di Europa e del toro risale ai tempi di Omero; nella sostanza, così Orazio inneggiava alla sua enorme potenza: Lascia i singulti, i pianti e impara a sopportare la tua nuova fortuna in grande animo, o tu fanciulla eletta a eterna fama: giacché una vasta parte della terra avrà il tuo nome. L’abbiamo ripetuto più e più volte, fino alla noia, ma è necessario pur sempre ribadirlo: al di fuori dell’Europa, per l’Italia non c’è alcun futuro, che possa ritenersi e dirsi positivo.
Dal 1995 al 2014, l’Italia è terminata all’ultimo posto in Europa per la crescita, in percentuale al dato del PIL: +1,9 rispetto al dato maggioritario di Svezia e Finlandia (+41 circa), intermedio di Francia (+20,7) Spagna (+23,9) e Germania (+28,7), e persino di gran lunga dietro al dato della Grecia di +13,5.
Per il futuro, le previsioni demografiche più accreditate ipotizzano che, al termine dei prossimi trent’anni, il nostro paese sia abitato da una popolazione che sia costituita per almeno 1/3 da immigrati – senz’altro un bene – e che in media raggiunga i 50 anni, dagli attuali 43, circa. In base a questo essenziale dato anagrafico, parlare di futuro appare quindi ancora più difficile.
E tuttavia, tra passato presente e futuro, c’è una terza questione che pesa in maniera ancora più decisiva sul destino del nostro paese, questione per giunta disattesa da oltre un ventennio, ed è quella dell’enorme crescita ancora tendenziale del nostro debito pubblico. Al 2015, il dato è pari al -132,7% del PIL, e quindi penultimi in Europa, avanti solo alla Grecia, con il dato del -176,9%, e molto dietro a Spagna (-99,2), Francia (-95,8) e Germania (-71,2).
Pertanto, la verità è che qui da noi bisognerebbe bandire ogni ricorso a nazionalismi e sovranismi di qualsivoglia genere, perché è fin troppo evidente che, al di fuori dell’Unione Europea, per l’Italia non c’è alcuna alternativa che tenga. Sappiatelo!
Angelo Giubileo