La donna si era ferita ad una mano con un ferro arrugginito. Dopo essere stata medicata in ospedale i medici del pronto soccorso le hanno prescritto un antitetanico.
Qui è cominciata l’impresa. Nessuna farmacia nel raggio di parecchi chilometri aveva a disposizione le fiale. Solo dopo un lungo peregrinare tra tensione e disperazione si è trovata una soluzione tampone – come scrive Il Mattino – con un vaccino combinato contro la difterite ed il tetano.
Gli ospedali hanno piccole scorte, ma per legge, non possono essere somministrate a chi giunge in pronto soccorso ma utilizzabili solo peri ricoverati. La scarsa disponibilità dell’antitetanica riguarda il territorio nazionale.
Il siero antitetanico è formato da anticorpi (gammaglobuline umane) estratte dal sangue di donatori vaccinati e serve a dare copertura in caso di ferite a rischio infezione. Il vaccino, invece, stimola la produzione degli anticorpi, rendendo la persona immune all’infezione, ma non immediatamente. Perché il vaccino abbia effetto è necessario, infatti, che trascorra un certo periodo di tempo affinchè l’organismo produca gli anticorpi. Il vaccino dura per diversi anni, a volte per tutta la vita.
Il ciclo vaccinale va fatto, però, completo con tre somministrazioni a distanza. In Italia la vaccinazione contro il tetano è obbligatoria dal 1963 e ha contribuito a ridurre i casi di tetano a circa 50 l’anno (dati dell’Istituto superiore di Sanità). La fascia più colpita sono gli anziani, soprattutto donne, perché mai sottoposti al vaccino. C’è da dire che anche chi è stato vaccinato, dovrebbe eseguire ogni 10 anni una dose di richiamo, specialmente se si fa un lavoro a rischio espositivo o se ci si reca in Paesi in cui le condizioni sanitarie sono precarie.