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Franca Principe, preside a Sapri: ‘Io, condannata senza aver colpa’

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Nei giorni scorsi è arrivata la sentenza di primo grado, del tribunale di Lagonegro, relativa ai fatti che si consumarono al Liceo Carlo Pisacane di Sapri nel 2011.

I giudici hanno condannato ad un mese di reclusione, con la sospensione condizionale della pena e al risarcimento dei danni per lesioni colpose e gravi, sia l’allora responsabile della sicurezza scolastica, l’ingegnere Nicola Iannuzzi che la dirigente scolastica Franca Principe. Mentre hanno assolto da ogni accusa l’ingegnere Lorenzo Criscuolo, dirigente del settore edilizia scolastica della Provincia di Salerno.

Il fatto L’episodio risale a 6 anni fa, quando il giovane liceale era a scuola per assistere agli esami orali di maturità di alcuni compagni di classe. Uno dei lucernari sul pavimento del terrazzino della scuola al secondo piano, sul quale era salito per fumare una sigaretta, non ha retto il peso del giovane.

Il vetro si è sfondato e lo studente è finito a terra nell’atrio dell’istituto dopo un volo di quasi otto metri. Nella terribile caduta ha riportato fratture sul corpo e gravi ferite. Poi un delicato intervento e una lunga riabilitazione. La magistratura ha messo sotto la lente d’ingrandimento la porta finestra dalla quale si accede al terrazzino, che quel giorno risultava aperta.

La sentenza di primo grado del tribunale di Lagonegro ha condannato anche la preside che ha inviato una lunga missiva al Ministero della Pubblica Istruzione sottolineando che si «tratta di un errore giudiziario». La dirigente il giorno in cui si è consumato l’incidente al Liceo, era presidente della commissione esami di stato in una sede a 150 chilometri da Sapri. «L’imprevedibilità dell’evento ed eventuali omissioni di altre figure professionali non possono essere imputabili al dirigente. – spiega la Principe –

LA LETTERA DI FRANCA PRINCIPE AL MINISTRO DELLA PUBBLICA ISTRUZIONE

Egregio Signor Ministro della Pubblica Istruzione, mio nonno, contadino, insignito al valore nelle due guerre e mio padre, operaio, combattente nella seconda Guerra e poi sostenitore della Democrazia del popolo, mi hanno insegnato a guardare negli occhi il mio interlocutore; da loro ho appreso un infinito amore per la vita, il lavoro, il rispetto della legge, la gioia dell’apprendimento. Su questi valori ho fondato la mia scelta professionale: da studente lavoratore ho portato a compimento i miei studi universitari, per diciotto anni sono stato un docente, da nove sono un dirigente della Scuola pubblica italiana.

Qualche giorno fa, in un Tribunale della Repubblica, ho cercato invano di incontrare lo sguardo di un giudice che pronunciava nei miei riguardi una sentenza di condanna, per un “delitto” riguardante la tutela della sicurezza e salute dei lavoratori e degli studenti di un Istituto scolastico.

La scuola per la quale da nove anni lavoro, mi è stata affidata in difficili condizioni logistiche; nel corso degli anni ne ho migliorato la struttura, la forma organizzativa, la qualità del servizio, guidando la comunità alla realizzazione della missione costituzionale, interpretando i bisogni di un territorio povero, sostenendo il cambiamento richiesto dalle riforme succedutesi nel tempo. Ho lavorato, non senza avvertire la fatica di 10, 12 ore di lavoro al giorno, senza tregua. Non per denaro, solo per amore della cultura e della ricerca.

Mentre la sentenza veniva pronunciata, un caleidoscopio di immagini mi ha travolto: un lastrico solare inaccessibile e non destinato ad attività se non quelle di manutenzione, una bidella che sciaguratamente dopo aver aperto la porta che accede al solaio omette i suoi doveri di vigilanza, un vivace e brillante studente da qualche giorno diplomato che accompagna un altro studente a sostenere l’esame di maturità, studenti festosi ed euforici che inopinatamente accedono al lastrico, il grave incidente, peraltro in mia assenza, impegnata quale presidente di commissione in esame di Stato, in altra sede e sostituita dal vicario.

Lo studente infortunato si è presto ripreso, studia all’Università e conduce la sua giovanile esistenza come tutti i giovani universitari di buona famiglia di ogni tempo. La bidella è stata dichiarata inidonea al servizio e posta in pensione, non è stata indagata. L’ente proprietario, tenuto alla manutenzione è stato assolto. Un mese di carcere ed un risarcimento di 15.000 euro a titolo di provvisionale provvisoriamente esecutiva è la pena per il dirigente.

In sei lunghi anni è stata ricercata la verità o un capro espiatorio?

Credo fermamente di essere stata vittima di un errore giudiziario e ricorrerò in tutti i gradi di giudizio. Ma quella sentenza (interpretata forse superficialmente da alcuni mass media che hanno diffuso la notizia nella mia comunità professionale, ampia e nazionale, scrivendo che “giustizia è stata fatta”) hanno profondamente ferito un rappresentante dei lavoratori. È stata ferita una persona che porta da sola il peso di una responsabilità collettiva di circa 900 studenti, delle loro famiglie, di più di 100 dipendenti, ogni giorno, con regolarità e senza luci di ribalta, nell’ordinario esercizio dei doveri di ufficio.

La mia amara esperienza, onorevole Ministro, è un “exemplum” e Le rivolgo questo appello affinché non resti un’esperienza di frustrante solitudine, presto dimenticata dalla cronaca, bensì una occasione germinativa, di condivisione di impegno civico, per la risoluzione di un problema che non riguarda , come già detto, un singolo dirigente, ma tutti gli 8.000 dirigenti scolastici italiani i quali hanno, frattanto, espresso sui social solidarietà ed indignazione per le ormai insostenibili responsabilità connesse al ruolo. Nella scuola, tutti, studenti, docenti, personale e anche il dirigente, devono sentirsi al sicuro.

La responsabilità oggettiva connessa al ruolo non può tout court essere trasformata in colpa, dolo, mancanza personale. Il Dlgs 81/08 deve essere assolutamente modificato, non è ammissibile che i dirigenti scolastici siedano su una polveriera ardente e paghino per responsabilità di inadempienze di altri enti e /o altri soggetti professionali.

Il mio appello a Lei, on. Ministro, è a sostenere in trincea gli 8000 dirigenti che, come me, combattono silenziosamente per continuare ad insegnare ai nostri giovani a guardare negli occhi l’interlocutore, a testa alta verso il loro futuro, nel rispetto delle leggi e dei doveri morali, come mi è stato insegnato dai Padri del nostro Paese. Con stima ed ossequi.

* Dirigente scolastico dell’Istituto d’Istruzione superiore Carlo Pisacane di Sapri

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