Il pm aveva chiesto l’ergastolo per la donna mentre i giudici della Corte d’Assise del tribunale di Salerno l’hanno invece condannata a 23 anni di reclusione (22 per omicidio volontario e uno per occultamento di cadavere) sentenziando che non fu la gelosia a far maturare il delitto messo a segno nella notte tra il 26 ed il 27 marzo 2015 all’interno dell’appartamento della Dipino, in via San Cosma, nella zona periferica di Ravello e rinvenuta cadavere il 27 marzo in una cassapanca.
La Dipino alla lettura del dispositivo è scoppiata in lacrime. La donna è statacondannata anche ad una provvisionale di 5mila euro per ogni parte civile costituita e alla misura di sicurezza per la durata di 3 anni, dovrà poi affrontare un nuovo procedimento in sede civile per il risarcimento dei danni.
La sentenza ha “ridisegnato” i contorni di un omicidio che, in un primo momento, era stato ricostruito in maniera diversa. Il primo colpo di scena si è infatti registratolo scorso gennaio quando, in seguito ad un’ordinanza di custodia cautelare, Giuseppe Lima accusato inizialmente solo di occultamento di cadavere e favoreggiamento personale, è finito dietro le sbarre con l’accusa di concorso in omicidio. Caduta l’aggravante della premeditazione a carico della Dipino, accusata in un primo momento di aver sedato Patrizia Attruia con una dose massiccia di barbiturici, è stata esclusa anche l’aggravante dei futili motivi.
Le motivazioni della sentenza saranno pubblicate ad inizio luglio. Ora, dopo la sentenza di questa mattina si attende la richiesta di rinvio a giudizio e l’avvio del processo per Giuseppe Lima arrestato all’inizio di quest’anno per concorso in omicidio. Alla base dell’omicidio, probabilmente motivi passionali: vittima e carnefice pare fossero innamorate dello stesso.