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In memoria di Helmut Kohl (di Cosimo Risi)

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Con Helmut Kohl muore un pezzo del Novecento. Era un colosso in tutti i sensi: per la statura e per il prestigio. Eppure aveva cominciato in sordina, come si addiceva ai Popolari (i nostri Democristiani) d’annata.

Non che fosse codino, ché anzi la sua vita privata non fu esente da voci. Era un popolare laico e perciò proteso a comprendere anche le ragioni del “nemico”. Che nel caso della sua Germania Ovest erano la Germania Orientale e l’Unione Sovietica.

Si dice che apprese la lezione del suo antico predecessore Otto Von Bismarck. Lo statista non crea, intuisce quand’è il momento giusto per cambiare il corso degli eventi in conformità alle sue esigenze. E Kohl questo seppe fare magistralmente e nella diffidenza pressoché generale.

Comprese che l’avvento di Mikhail Gorbaciov alla guida del PCUS e dell’URSS stava per segnare una svolta: non solo interna all’impero sovietico ma anche alla sua periferia occidentale. Americani, britannici, francesi, i garanti dell’equilibrio continentale post-bellico, erano scettici.

L’unificazione tedesca, il tema nel cuore del Cancelliere, era prematura, l’URSS non l’avrebbe consentita, lo stesso Occidente diffidava del revanscismo tedesco. Il Quarto Reich? Grazie, proprio no! Kohl riuscì ad intessere una rete di rapporti anche personali (il suo sodalizio durevole con Gorbaciov e Signora Raissa),  che gli consentirono di cogliere il fatidico attimo.

Nel giro di sei anni dall’insediamento di Gorbaciov (1985 – 1991) crollò il Muro di Berlino, si unificò la Germania, collassò l’URSS, finì la guerra fredda. Il Cancelliere stava in mezzo al processo, in parte attore e in parte spettatore. Comunque in prima linea.

Questo non bastò. Occorreva il supremo gesto verso i partner europei: la rinuncia al marco a favore della moneta unica. Quale revanscismo tedesco se Berlino, la ritrovata capitale, rinuncia al suo simbolo più forte e accetta di condividere la politica monetaria con gli altri stati membri sottraendola all’onnipotente Bundesbank.

L’ultima fase di Kohl è stata meno lieta. Non solo per la malattia che l’ha costretto sulla sedia a rotelle e parlare a fatica, ma anche per il distacco dei suoi e soprattutto della discepola prediletta, quella che si accinge ad eguagliare il suo primato di longevità alla Cancelleria. Angela Merkel fu da lui scoperta ancora giovane promessa della Germania Est liberata.

Non esitò a prenderne le distanze quando Kohl finì in una storia di finanziamenti illeciti al partito. E’ la politica, bellezza, che conosce più convenienze che gratitudini. Di questo Kohl si dolse. Gli fu di conforto l’amicizia a distanza con Gorbaciov, col quale condivise il pessimismo sui nuovi venti di guerra fredda.

Come a dire: perché abbiamo combattuto così aspramente se il risultato nel Duemila è di nuovo la contrapposizione fra Ovest e Est? Speriamo che il loro sia  il pessimismo di due anziani Signori e non un’amara profezia.

 

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