Domenico Diele è difeso dall’avvocato Viviana Straccia del foro romano che stamattina ha assunto l’incarico subentrando all’avvocato d’ufficio Monica Salerno. Si attende la decisione del gip del Tribunale di Salerno, Fabio Zunica, dovrebbe rendere noto ai legali di Diele le decisioni.
“Vorrei incontrare il padre di quella donna, inginocchiarmi davanti a lui e ammettere le mie colpe. Ma anche provare a spiegargli che è stato un incidente e non un omicidio. Sono colpevole”, “urlerò la mia colpevolezza con tutte le forze. Non ho scuse, ho sbagliato e devo pagare. Devo pagare quello che decideranno i giudici e se servisse a qualcosa pagherei di tasca mia anche qualunque cosa alla famiglia. Però non sono un criminale. In televisione si parla di me come un assassino drogato: non è così”.
Così Domenico Diele, l’attore che nella notte tra venerdì e sabato ha tamponato lo scooter di Ilaria Dilillo, morta in seguito all’incidente, in un colloquio raccolto in cella nel carcere di Fuorni (Salerno) dal consigliere regionale dei Verdi Francesco Emilio Borrelli e riportato oggi dal Corriere della Sera.
“Io non sono uno che prima si è drogato e poi si è messo a guidare come un pazzo finendo per provocare una tragedia”, dice Diele. “Sono dipendente da eroina, questo sì, ma la droga non c’entra con l’incidente. Mi sono distratto con il cellulare. Ho un telefonino che funziona male, c’è un tasto che non va, e io per cercare di fare una telefonata ho abbassato gli occhi”. “Non me ne sono nemmeno reso conto subito di quello che era successo. Solo quando sono sceso dall’auto ho visto e ho capito”.
“Ho soltanto il lavoro, e se da questa vicenda uscirò con la carriera distrutta non avrò più nemmeno quello. È giusto che paghi per quello che ho fatto, ma non che mi si dipinga come un criminale. Quella storia della coca, per esempio, è vecchia di un anno, nemmeno me ne ricordavo più”.
“Mi sono pure sorpreso quando quella bustina è uscita fuori, stava nel portafogli da una vita. L’altra sera non avevo sniffato niente”. “Non avevo il permesso di guidare. Ma l’ho fatto perché mia cugina ci teneva ad avermi al suo matrimonio”, “e l’unico modo per esserci era andare e tornare in macchina nella stessa giornata”.
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