La crisi annunciata, anzi strombazzata dai media da quando la rotta balcanica s’è asciugata grazie all’intesa UE – Turchia, riguarda l’afflusso dei migranti verso le coste italiane. Ormai è superfluo distinguere fra i cosiddetti migranti economici ed i richiedenti asilo. Questi ultimi sono quasi tutti arrivati in Europa e non è casuale che il Presidente francese si dichiari pronto ad accogliere loro e soltanto loro.
I migranti economici sono la stragrande maggioranza se non la totalità degli arrivi. Il loro bagaglio umanitario è gravoso: ai giovani in apparente buona salute si accompagnano donne anche gravide, bambini e minori non accompagnati.
Questi ultimi rappresentano una categoria a parte nella casistica degli arrivi perché di loro non è più notizia dopo lo sbarco. Si dice per l’ovvio riserbo che si deve alla loro condizione minorile, ma qualche domanda è lecito porsela circa il loro destino finale: che non sia peggiore di quello da cui scappano.
Il governo italiano lancia l’allarme, l’ultimo di una serie rimasta pressoché inascoltata quanto meno nella misura dallo stesso auspicata. Assortisce l’allarme con la minaccia, finora ipotetica, di chiudere i porti alle navi non battenti bandiera italiana. Anzitutto alle navi delle ONG, profittando del dubbio anche sul piano giudiziario che circonda certe loro attività.
Nonché a quelle del dispositivo Frontex che proprio noi abbiamo sollecitato a suo tempo? La minaccia è al solito accompagnata dalla lamentazione che l’Europa ci lascia soli e volta le spalle dall’altra parte e via stigmatizzando la scarsa solidarietà “comunitaria”.
Che vi sia scarsa solidarietà presso alcuni stati membri dell’Est, è fatto acclarato al punto che la Commissione nemmeno un mese fa ha avviato una procedura d’infrazione nei loro confronti. La freddezza viene pure dagli alleati che riterremmo “naturali”: ad esempio la Francia che, appunto, intende selezionare gli arrivi sul suo territorio.
E riguardo agli altri arrivi? Di loro – sottinteso – si occupi il paese di primo approdo, ovvero l’Italia che, stando al pacchetto di Dublino, ha l’incombenza di soccorrere, assistere, accogliere, rimpatriare. Che il pacchetto di Dublino sia stato deciso anche dall’Italia in epoca di numeri modesti, poco importa.
La norma (internazionale) è norma e va rispettata, salvo modificarla col consenso di quanti la decisero. E cioè, realisticamente, in tempi così remoti che nel frattempo i porti italiani saranno completamente saturi.
L’Italia avrebbe la facoltà di passare dall’ipotesi della minaccia all’attuazione della minaccia. La chiusura dei porti potrebbe configurarsi come estrema misura per la tutela dell’ordine pubblico e della sicurezza nazionale: come tale rientrerebbe nella fattispecie prevista dal Trattato sull’Unione europea.
Il Trattato infatti riserva allo stato membro di valutare l’entità del pericolo incombente sul paese e di reagirvi in maniera adeguata. Il passo del nostro Rappresentante Permanente a Bruxelles segna l’avvio della procedura.
di Cosimo Risi
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