“Me l’avevano detto che nessun altro festival dà le emozioni del Giffoni, ma dal vivo è davvero incredibile. Se questo è l’inizio avevano proprio ragione” esordisce l’attore quasi intimidito dall’accoglienza dei ragazzi. “Per la mia famiglia sei come il Natale: ci ritroviamo tutti al cinema per vedere i tuoi film” si sente dalla platea e il ghiaccio è facilmente rotto.
A Giffoni Masterclass 2017, di cui BadTaste.it è partner, Amendola, guidato da Francesco Alò, Amendola ha rivissuto la carriera da attore, doppiatore e regista, iniziata per un favore alla madre, Rita Savagnone: “Ho smesso di studiare presto, ma ai miei tempi non avevamo la paura di non trovare lavoro come voi. Feci un provino per caso e quasi a mia insaputa mi sono ritrovato attore”.
Una carriera iniziata di fatto con i film di Vanzina negli anni ’80 ma la svolta arriva presto: “Ero destinato a una soddisfacente carriera cinepanettoniana quando arrivò la telefonata del produttore Claudio Bonivento, anche lui fino ad allora alle prese con commedie neanche troppo sofisticate”.
A completare il trio Marco Risi: insieme realizzarono a stretto giro di posta Soldati – 365 all’alba (1987) e Mery per sempre (1989): “Se il primo mi ha fatto annusare il mestiere, Mery per sempre mi ha fatto decidere di fare l’attore. Insieme a Ultrà di Ricky Tognazzi, i film di Risi mi hanno aperto un altro cinema”. Da Scola a Mazzacurati, passando per Wilma Labate, regista del film di cui è più soddisfatto in assoluto nella sua carriera, Domenica (2001).
La sua carriera ora guarda alla regia: “Avevo voglia di dirigere perché volevo mettere in pratica tutto quello che ho rubato sui set per tanti anni, stando a occhi aperti e bocca chiusa. E anche per soddisfare il mio egocentrismo: essere circondati da 80 persone che vogliono risposte da te è una figata”.
Ci sarà un terzo film ne è certo, anche se non sa quando: “Ho scritto di getto un progetto. Per ora vi dico solo questo, ‘Nino’: “Ricordatevene, ne sentiremo parlare”. Di certo ha lasciato un segno con Suburra, come testimoniano le domande dei ragazzi: “È stato un ruolo delicato, ma il personaggio è riuscito.
Ecco perché non l’ho fatto nella serie tv”. E la sala applaude, anche quando confessa di avere avuto un peso nell’interruzione de I Cesaroni: “Quella serie non aveva davvero più nulla da dire”. Non smetterà di parlare delle carceri, protagoniste anche de Il Permesso: “A 19 anni ho fatto una sciocchezza e ho passato una notte a Regina Coeli.
Mi è bastata per capire un’enormità di cose: la prima è che non ci sarei voluto tornare mai più, perché la libertà è sacra ed esserne privato è la cosa peggiore che possa accadere a una persona. Ma ho imparato anche che in nessun altro posto c’è così tanta solidarietà: l’affetto e la comprensione che ho avuto dai miei compagni di cella non l’ho avuta mai più in vita mia.
Le condizioni delle carceri italiane è da quinto mondo, ma noi ce ne dimentichiamo troppo facilmente”, dice con amarezza e la voglia di scuotere le coscienze dei ragazzi in sala. Intanto li ringrazia di cuore: “Con le vostre domande avete dimostrato grande intelligenza e libertà di pensiero. Spero siate i cineasti di domani perché così il cinema non finirà mai”.
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