E tuttavia la stessa approvazione, rinviata dal Governo a dopo l’estate, ritengo sia piuttosto dovuta a motivazioni politiche legate alla tenuta del governo in carica, e cioè alla possibilità di indire le prossime elezioni politiche, con naturale scadenza a febbraio 2018, prima dell’approvazione della Legge di Stabilità, fissata regolarmente entro la fine dell’anno corrente. Tra misure di fiscal compact e dati ancora negativi di aumento del debito pubblico, senz’altro una situazione che è e risulta sempre più difficile da gestire.
Tanto premesso, oggi la questione dell’immigrazione assume rilievo innanzitutto in ordine al consolidamento e ai futuri sviluppi dei processi demografici internazionali. In stima, i dati ONU-2017 (The World Population Prospects: The 2017 Revision) propsettano una popolazione mondiale in costante crescita, dagli attuali 7,6 miliardi circa di persone a futuri 8,6 miliardi entro il 2030, 9,8 miliardi entro il 2050 e 11,2 miliardi entro il 2100.
E quindi, un trend crescente, con una maggiore dato d’incremento previsto per molti paesi dell’Africa, gli Stati Uniti, l’Indonesia e l’India, la cui popolazione già tra sette anni dovrebbe superare quella della Cina.
Per quanto concerne l’Europa, i dati relativi e più recenti dell’Eurostat risalgono a maggio 2016, in attesa del prossimo aggiornamento previsto per il prossimo mese: a fine 2014, il saldo annuale ha registrato nell’Europa a 28 paesi (compreso quindi il Regno Unito) un incremento di 3,8 milioni d’immigrati, di cui 1,6 milioni di cittadini provenienti da paesi non membri dell’Ue.
Il totale di 3,8 milioni è risultato così in parte suddiviso per valore assoluto e per percentuale circa di aumento alla popolazione residente: 1) Germania 884.900 immigrati pari a poco più l’1,1% dell’intera popolazione residente 2) Regno Unito 632.000 e quasi l’1,0% 3) Francia 339.900 e circa lo 0,5% 4) Spagna 305.500 e quasi lo 0,8% 5) Italia 277.600 e quasi lo 0,5%.
A oggi, il dato complessivo del 2014 è stimato in crescita tendenziale, soprattutto per l’Italia, e quindi, in assenza di una politica comune europea, in particolare per ciò che a noi più interessa, la situazione già “caotica” potrebbe essere destinata a un ulteriore minore controllo; al punto che esperti politologi come Gilles Kepel sostengono oggi che l’Italia potrebbe diventare “sempre più una zona anarchica di accoglienza”.
Rispetto all’attuale stato di caos, non c’è alcun dubbio sul fatto che un ruolo sia svolto anche dalle ONG, ovvero le organizzazioni non governative di soccorso dei migranti in acque internazionali. Per le politiche di governo, evidenziare ora questo “problema” significa senz’altro escludere ogni “forma” possibile e indiretta di “complicità”, legate al fenomeno dell’immigrazione, e quindi relative a possibili incrementi dei tassi d’illegalità nel paese.
E tuttavia, il nodo che occorre davvero risolvere è quello generale dell’illegalità, che perdura ed è crescente in Italia non solo da troppo tempo ma anche da molto tempo prima che il fenomeno dell’immigrazione costituisse e costituisca ora un “problema”.
Oggi, a noi serve innanzitutto il ripristino ovunque delle leggi e del controllo legale dei territori; il cui problema -potrebbe anche, ma solo in parte minima, riguardare la questione dell’immigrazione – deriva essenzialmente da cattive scelte politiche di gestione e quindi dalla politica, che ora è costretta a fare i conti con il proprio passato, il presente e il futuro che verrà.
Angelo Giubileo
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