Dopo il fallimento, il nucleo di polizia tributaria aveva indagato sulla cessione del marchio “Ac Siena” a una nuova società, con sede nella capitale, creata appositamente per quell’operazione e di fatto mai operante. L’acquirente – secondo la ricostruzione dei finanzieri – ha utilizzato le disponibilità finanziarie per l’investimento concesse dal Monte dei Paschi di Siena che a fronte della sola garanzia dello stesso marchio (sopravvalutato in 25 milioni di euro a fronte di un valore effettivo, stimato da perizia giurata, tutt’al più 4/5 milioni di euro) ha erogato un prestito di 22 milioni di euro.
Contestualmente alla cessione, la società acquirente ha stipulato un contratto di affitto del marchio stesso, con la Ac Siena Spa che, quindi, per utilizzarlo doveva pagare un canone mensile, di valore pari alla rata del mutuo che la newco doveva restituire alla banca. Secondo gli inquirenti, quindi, tutta l’operazione era finalizzata a consentire alla società Ac Siena un finanziamento che altrimenti non avrebbe potuto ottenere, a causa del grave stato di dissesto economico.
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