”A fess ‘e mammeta”, frase volgare in dialetto napoletano che il tribunale di Benevento ha ritenuto ingiuriosa con sentenza del 10 dicembre 2008, e ”Zuzzuso” sempre termine napoletano che indica persona sporca è stato ritenuto ingiurioso dal Gdp di Sala Consilina con sentenza confermata in appello e Cassazione (4175 del 2015).
Sono i due termini estremi, nell’ordine alfabetico con cui è costruito questo libro, di come sono stati valutati i più diversi tradizionali o pittoreschi tipi di insulti in tribunale.
Il libro è uscito poco prima che la commissione presieduta da Laura Boldrini presentasse alla camera ”Parole per ferire”, un testo del linguista Tullio De Mauro, da poco scomparso, scritto per questa commissione Jo Cox ”sull’intolleranza, la xenofobuia, il razzismo e i fenomeni di odio”, guida ragionata per capire certi comportamenti e andare oltre la parola stessa.
Lo ha scritto un avvocato penalista e amante di studi curiosi di diritto di Niscemi già autore tra l’altro di ”Leggi che fanno ridere e sentenze che fanno piangere” e ”Bestiario giuridico”.
Ha così elencato 1200 parole e frasi e 80 gesti che sono stati sottoposti negli anni al vaglio della magistratura e ci offre un manuale anche per sapere cosa posiamo dire e a chi senza corre rischio o sapendo a quali conseguenze potremmo andare incontro, specie oggi, con l’assoluta volgarità assalitoria che imperversa sui social, ponendo nuovi problemi, anche perché quando si parla di parolacce i dubbi da risolvere pare siano molti e avolte involontariamente comici: ”muovere il bacino avanti e indietro dicendo ‘Suca’ è un’ingiuria? Per i magistrati si è trattato solo di un atto contro la pubblica decenza.
E la frase ìTi rompo le corna’ è un’ingiuria o una minaccia? dipende se si dà rilievo alla parola rompere o alle corna. E augurare che ‘ti venga un cancro’? Per i giudici è ‘un evento naturale’ e ‘l’augurio dell’altrui sofferenza denota miseria umana, ma non riveste rilevanza penale’ ”.
Insomma, con questo dizionario di ingiurie, ci si diverte, si scopre la ricchezza della fantasia umana, ma anche le sue debolezze e impotenze. Scopriremo così se al nostro avvocato possiamo dare dell’Azzeccagarbuglio o dirgli avvocato di provincia, ma anche se si può chiamare un’anziana signora ‘dentiera ambulante’ o può un Pm dire impunemente a un teste di non ‘fare il napoletano’?
E si può andare avanti a lungo, incontrando chi ha chiamato il proprio asino col nome del vicino antipatico tanto che poi lo ha denunciato, o chi ha scritto sulla causale del bollettino pagando una multa ‘rapina aggravata’ commettendo oltraggio, senza contare tutti gli epiteti che vanno da deficiente a sciacallo e chi più ne ha più ne metta, ricordandoci che comunque di questi tempi è sempre meglio sfogarsi a parole, anche se, come dice la tradizione, ”le parole feriscono più della spada”.
Fonte ANSA