In attesa che si faccia chiarezza sulle reali fonti di contaminazione l’attività di autocontrollo a tappeto su tutti i singoli capannoni di galline è – precisa la Coldiretti – una azione di grande responsabilità dei produttori nazionali che rafforza le importanti rassicurazioni delle autorità sanitarie contro il rischio di allarmismi. Ma l’Italia ha importato 38,1 milioni di chili uova fresche di galline nel 2016 e ben 11 milioni di ovoprodotti per i quali occorre garantire trasparenza e controlli dopo con l’allarme che è esteso in tutta Europa.
A livello nazionale – continua la Coldiretti – consumano in media circa 215 uova a testa all’anno, di cui 140 tal quali mentre le restanti (circa 1/3) sotto forma di pasta, dolci ed altre preparazioni alimentari. Sulle uova in guscio l’indicazione di origine è presente ma è necessario – spiega la Coldiretti – migliorarne la visibilità e la leggibilità non limitandosi ai codici mentre bisogna togliere dall’”anonimato” gli ovoprodotti ed i derivati e rendere finalmente pubblici i flussi commerciali di tutte le materie prime provenienti dall’estero. Una mancanza di trasparenza situazione che alimenta incertezza e frodi ed inganni anche attraverso le triangolazioni commerciali.
Per combattere gli allarmismi e dare garanzia ai consumatori e ai produttori l’esperienza delle emergenze degli ultimi anni ha dimostrato l’importanza della trasparenza delle informazioni con l’introduzione dell’obbligo di indicare in indicare in etichetta l’origine dei prodotti che va esteso a tutti gli alimenti, ma – conclude Coldiretti – va anche tolto il segreto sui flussi commerciali con l’indicazione delle aziende che importano materie prime dall’estero per consentire interventi mirati.
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