La posizione degli industriali conservieri prevede l’indicazione in etichetta del Paese di coltivazione del pomodoro e del Paese di trasformazione o rilavorazione. In particolare, se il pomodoro impiegato per la produzione di derivati viene coltivato, trasformato e confezionato nello stesso Paese, l’indicazione di origine potrà prevedere l’utilizzo di una sola dicitura “Origine del pomodoro: Italia”. Qualora, invece, le diverse fasi di lavorazione siano realizzate in paesi diversi – caso ovviamente non riferibile ai pelati interi e non interi, alla passata e ai pomodorini, ma, eventualmente, al solo concentrato – sulla confezione dovranno essere riportate, distintamente, le informazioni su “Paese di trasformazione” (“UE” o “non UE”) e “Paese di confezionamento” (Italia).
“Come ANICAV siamo sin d’ora disponibili ad accompagnare il percorso delineato dal Ministro Martina per giungere alla rapida adozione di un decreto che disciplini l’obbligo di indicazione in etichetta dell’origine del pomodoro utilizzato per la produzione di derivati che possa finalmente porre un argine alle speculazioni e alle polemiche degli ultimi anni e garantire al consumatore la massima trasparenza. – afferma Giovanni De Angelis, Direttore Generale di ANICAV – Questo rappresenterà un primo utile risultato, pur nella consapevolezza che sarà necessaria un’omogeneizzazione tra la regolamentazione nazionale e quella comunitaria, per evitare che la norma abbia un’efficacia limitata soltanto al territorio italiano, come sta già avvenendo per la passata di pomodoro.”
L’indicazione di origine in etichetta completerebbe il percorso già avviato dalle aziende ANICAV in materia di sicurezza alimentare, rendendo obbligatorio ciò che volontariamente, nella quasi totalità dei casi, le imprese già fanno indicando sull’etichetta la provenienza italiana del pomodoro, un prodotto 100% made in Italy.
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