La leggenda di Nibiru, in effetti, ha radici lontane. Se ne inizia a parlare più di un ventennio fa, quando l’unione tra le teorie di Zecharia Sitchin, scrittore ed esperto di archeologia misteriosa, e quelle di Nancy Lieder, una signora del Wisconsin in contatto diretto con la razza aliena degli Zeta Reticuli, crea una delle più longeve teorie del complotto degli ultimi decenni: quella di Nibiru, un pianeta gigante nascosto ai margini del nostro Sistema Solare e destinato a distruggere la Terra, la cui esistenza sarebbe stata ovviamente insabbiata da governi e istituzioni mondiali. Le prime versioni della teoria parlavano del 2003 come probabile data del disastro, per poi puntare – una volta superati indenni il presunto rendezvous fatale – al 2012, intrecciandosi questa volta con le presente previsioni cataclismatiche dei Maya.
Sopravvissuti anche al secondo appuntamento con Nibiru, serviva evidentemente un nuovo candidato. Ed è bastato aspettare un paio d’anni perché si presentasse l’occasione perfetta, arrivata nel 2014 quando un articolo su Nature degli astronomi Chad Trujillo e Scott Sheppard ha aperto la strada all’esistenza di un nono pianeta all’interno del Sistema Solare. L’ipotesi, corroborata nel 2016 da una seconda ricerca pubblicata dagli scienziati Mike Brown e Konstantin Batygin, è quella del pianeta 9: un gigante nascosto in un’orbita lontanissima dal Sole, e sfuggito fino ad oggi ai nostri telescopi.
Nibiru, evidentemente, altro non era che il nuovo pianeta 9 (e poco importa se gli scienziati non hanno mai neanche paventato la possibilità di un impatto con la Terra). Non restava che trovare una nuova data per il disastro. Ci ha pensato David Meade, autore di Planet X – The 2017 Arrival, un libro che attraverso una “solida” lettura numerologica dei testi sacri giudaico cristiani è riuscito a calcolare la data della fine del mondo, cataclisma che ovviamente il Signore ha affidato all’impatto della Terra con Nibiru, nella nuova veste di pianeta 9. I segni sono molti e, assicura Meade, facili da notare se si sa dove guardare. Dai suoi calcoli il 23 settembre si realizzerà una particolare configurazione astrale prevista in un passo del Libro dell’Apocalisse (Apocalisse 12.1) che farà da preludio all’arrivo di Nibiru.
Ipotesi affascinante. Ma anche priva di senso, spiega l’esperto di dinamica planetaria Giovanni Valsecchi, dell’Istituto di astrofisica e planetologia spaziali dell’Inaf. “Non esiste alcuna possibilità che un oggetto di simili dimensioni raggiunga le zone più interne del Sistema Solare – assicura Valsecchi – quanto meno, non in una scala temporale che coincida con quella della nostra vita”. Questo ovviamente non vuol dire che il pianeta 9 sia una sciocchezza. “Quella del cosiddetto pianeta 9 è un’ipotesi scientificamente molto seria – aggiunge l’esperto – che nasce per spiegare alcune caratteristiche anomale delle orbite degli oggetti transnettuniani più lontani”.
Osservando le orbite di questi corpi celesti posti oltre l’orbita di Nettuno emergerebbero infatti anomalie, strani allineamenti e piani orbitali preferenziali che possono essere spiegati solo in due modi. La prima ipotesi è quella avanzata dai lavori di di Truillo e Sheppard e quelli di Brown e Batygin: un pianeta enorme e lontanissimo che interferisce le con le orbite degli oggetti transnettuniani. Si tratterebbe di un pianeta molto particolare, perché a una tale distanza dal Sole – nel punto più vicino la sua distanza sarebbe 200 volte maggiore di quella della Terra – la nebulosa primordiale da cui ha avuto origine il Sistema Solare non avrebbe avuto la densità necessaria per dare vita a un pianeta.
E quindi il pianeta 9 dovrebbe avere avuto un’altra origine: o nella parte centrale del Sistema Solare, da cui poi sarebbe migrato nell’attuale posizione in un remoto passato, o in un altro sistema stellare, da cui sarebbe sfuggito per poi essere catturato in qualche momento dalla gravità del Sole. Una sequenza di eventi molto particolare: difficile – spiega l’esperto – ma non impossibile da realizzare.
L’altra possibilità è tutto sommato più semplice: le anomalie osservate nelle orbite dei transnettuniani potrebbero essere solo un’illusione. “Oggi conosciamo solo un migliaio di oggetti transnettuniani – chiarisce Valsecchi – e in futuro potremmo renderci conto che si tratta di una frazione di quelli esistenti, che per ora abbiamo individuato solo i più facili da osservare e che quelle che oggi ci appaiono come anomalie nelle loro orbite non siano più tali considerandoli nella loro totalità. D’altronde, abbiamo ancora molto da scoprire su queste zone così esterne del Sistema Solare”.
I misteri, insomma, non mancano. Anche se per ora i segreti nascosti nello spazio profondo non sembrano rappresentare un rischio per il nostro pianeta. Per una conferma, comunque, non resta che attendere il 23 settembre.
Fonte La Repubblica
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