Vale la penna di_versar (Parole, vino e libertà)

Lidia, un po’ c’è.

Spesso scompare.

Le basta legare i capelli, mangiarsi il rossetto sulle labbra e coprire gli occhi, ribelli, con le mani.

Molto spesso, ci fa.

Alza la voce per esser più bella, ride del timore degli altri, indossa scarpe coi tacchi alti che poi sfila.

Come le calze, che mal tiene.

Così si mette a nudo.

Via le calze, le scarpe, la molla dai capelli.

Via il rossetto la cui linea segna il viso, il collo, la spalla scoperta.

Una linea come una ferita cucita.

– Son ferita! Vede?

Le piace mentire per una carezza.

È una ladra: di attenzioni, di parole che nessuno vuol più pronunciare.

– Mi fa male. Mi vuole bene?

E raccoglie sotto il cielo tutti quei si.

Ne riempie le tasche, i fondi scavati degli stick di rossetti.

È bello piangersi addosso.

Sul dorso delle mani

Dietro la schiena puntellata da sguardi mal accompagnati

Ma quando ride col suo trucco più vero, nessuno le crede.

Nessuno la vede.

E lei smette.

Smette semplicemente di essere quella che ci è e ci fa.