De Luca ha sottolineato ironicamente che “tra i punti più qualificanti della legge si segnala che un indiziato può essere sottoposto al sequestro dei suoi beni in via preventiva. Sequestrano una casa o un’azienda così.
Follia totale. Bisogna costituire un organo ad hoc in sede distrettuale e definire le competenze, questo è un circo non la patria del diritto. Penso a magistrati impegnati in scartoffie più che nella distruzione di poteri criminali, pensate le difficoltà dei magistrati davanti ad articoli fumosi sul sequestro preventivo dei beni. Tra le osservazioni sulla demenzialità emerge l’articolo 3: si starà per anni dietro al sequestro preventivo”.
Poi il Governatore incalza: La nuova legge antimafia “è propaganda politica, sostanzialmente una truffa ai danni dei cittadini italiani, una violazione dei principi elementari di civiltà politica”.
“Queste cose – ha aggiunto – danneggiano innanzi tutto la magistratura seria, poi c’è chi pensa più alla pubblicità che al diritto e che non può fare serenamente il suo lavoro”. De Luca ha allargato la sua critica all’attività del Parlamento: “Tutte le leggi promosse dal Parlamento negli ultimi tempi – ha detto – sono un monumento di distruzione della grammatica e della sintassi.
Pensiamo alla differenza tra reato di mafia e altri reati come quelli degli stalker, dei corrotti. Raddoppiamo le pene, sì, ma facendo i processi. Se equipari la mafia e la camorra allo stalker fai una cosa demenziale. L’associazione mafiosa e camorristica è differente, la mafia spara, si sostituisce allo stato, inquina l’economia del paese.
Questa è la gravità estrema, la stessa prevenzione non puoi applicarla allo stalker”. “Un aspetto dell’imbarbarimento del Paese – ha aggiunto De Luca – è dovuto ad alcune leggi che sono inutili o dannose. Per anni siamo andati avanti oscillando tra due estremi: l’ipocrisia e l’opportunismo delle classi dirigenti e dall’altra l’aggressione mediatica tendente a dimostrare che chi ha responsabilità politiche è un cialtrone.
L’Italia resta il Paese dove diventa difficile affermare il merito, vedi la vicenda degli universitari: in questo quadro una persona perbene non si metterà ad amministrare un ente con il pericolo di rovinare la sua vita”.
Cantone e Bindi esaltano la legge antimafia
A difendere il Codice antimafia scendono in campo il presidente dell’Anac, Raffaele Cantone, e la presidente della commissione parlamentare antimafia, Rosy Bindi. Alla festa nazionale di Mdp, in corso a Napoli, tira un’aria favorevole alla norma appena approvata dal Parlamento che, tra l’altro, estende alla corruzione misure di prevenzione come il sequestro dei beni.
Un risposta alle polemiche aperte da un fronte largo, che va dal centrodestra ai 5 stelle agli industriali. Certo, Cantone fa i suoi distinguo. «È una delle migliori leggi approvate dal parlamento – esordisce il presidente dell’autorità anti corruzione – e assolutamente indispensabile per fare un salto di qualità nella lotta contro le mafie. Tuttavia non era necessario introdurre ulteriori misure di prevenzione che vengono applicate al di fuori del meccanismo della prova di colpevolezza».
«Mi chiedo se sia opportuno – argomenta il magistrato – ampliare un sistema eccezionale di prevenzione con reati che hanno poco a che vedere con la mafia». Ma la vera pasionaria del codice antimafia è Bindi, che risponde al presidente di Confindustria, Vincenzo Boccia, in mattinata tornato ad attaccare la legge («Evitare dogmi che fanno solo danni»). «Sono stati fatti attacchi e allarmismi strumentali – sostiene la presidente dell’antimafia – è una riforma garantista di sistema, organica, in base alla quale la sottrazione del bene arriva con certezza del diritto».
Bindi ricorda che la legge si applica «in presenza di due requisiti, quando il soggetto è socialmente pericoloso e quando non è in grado di dimostrare la liceità del suo patrimonio». La parlamentare del Pd è sicura: «Non c’è dubbio che la corruzione abbia introitato il metodo mafioso».
E ammonisce: «Prima di giudicare una riforma va letta bene». Ma Bindi da un lato rassicura, dall’altro sferza: «Sembra che alcuni direttori di giornali fanno gli interessi dei loro proprietari, dei loro editori, che sono costruttori. Colpiscono la riforma per minare tutte le misure di prevenzione». Ce l’ha con Alessandro Barbano, che dirige Il Mattino di Francesco Gaetano Caltagirone: tre giorni fa ha accolto l’ok al codice con una prima pagina a lutto
ma prima ancora è necessario che venga scritta in modo perfetto…separando sapientemente il GRANO dalla ZIZZANIA…cosi adopero anche un lessico tanto caro alla baciapile!