“Le piante di ulivo vanno messe distanti”, ci diceva. “Un ulivo ha bisogno di spazio e di aria”.
E, lì, le piante erano disposte in filari di almeno sei metri, con un ampio “stradone” centrale per l’accesso dei carri.
Lo scalo, dall’alto, ci fa pensare proprio ad una pianta di ulivo “messa” senza rispettare la lezione del nonno: stretto tra montagna, Città e mare, senza aria e senza neanche lo “ stradone” centrale.
Per esso, ha Città ha pagato un prezzo elevato: l’allontanamento dei lidi (chi ricorda Arcobaleno, Scoglio 24, Tritone, Savoia, etc.?), il viadotto Gatto, struttura abominevole prima ancora che pericolosa, l’inquinamento del mare, il traffico caotico di camion. “Salvo altri”, come si dice nel linguaggio forbito.
Sembra davvero paradossale che sia stato realizzato in quel posto, senza pensare alle possibili conseguenze. O, forse, chi decise non si pose proprio il problema, preoccupato solo di dimostrare di “fare qualcosa” nell’interesse della Città.
Intanto, il porto è cresciuto, tanto, e macina successi grazie all’efficienza delle strutture, alla dedizione degli addetti e alle capacità relazionali degli operatori marittimi.
E’ inutile negare, però, che ha limiti intuibili. Come quelli degli ulivi piantati male.
Su di esso abbiamo espresso, in passato, il nostro punto di vista (salernonotizie.it del 19/04/17: Vogliamo parlare del Porto?).
E siamo stati i primi, pur in un ampio contesto di imprenditori, professori, economisti e tecnici, a evidenziare che il problema principale è quello di essere stato tagliato fuori dai progetti comunitari relativi ai nodi portuali con funzioni di approdo per i corridoi di inoltro verso l’Europa (TEN-T).
Ma essere stati i primi non ci inorgoglisce, anzi, come cittadini, ci mortifica, perché vuol dire che erano riduttivi e viziati i discorsi di coloro che si dichiaravano preoccupati solo per la fusione con Napoli dell’Autorità Portuale e per la concorrenza con il porto di quella Città.
Quale concorrenza? Il nostro approdo è “regional”, cioè locale, mentre quello di Napoli, con pochi altri nazionali, è “gateway”, cioè di ingresso continentale, e dispone di quattordici moli, noi quasi tre (Manfredi, Trapezio e 3Gennaio), ha oltre 1.500.000 mq di area portuale, noi 500.000 (la terza parte), ha la darsena petroli, noi no, ha la darsena granili (anche con Torre Annunziata), noi no, ha 6 bacini di carenaggio, noi no, ha la cantieristica navale, noi no, ha il vastissimo retro-porto di Nola/Afragola, noi no, ha collegamenti stradali e ferroviari, noi no.
Noi riteniamo pressoché impossibile, senza ferrovia, area retro-portuale e rete stradale, difendere le quote di lavoro quando il porto di Napoli partirà definitivamente. Ed è certo che partirà, perché già hanno avviato il dragaggio dei fondali, mentre da noi dovrebbero partire, a breve, solo quelli di “schiacciamento” a favore del molo turistico. Per gli altri, quelli “veri”, si arriverà forse al 2019. Analisi delle sabbie, progetti e soldi permettendo.
Nei mesi scorsi, poi, abbiamo appreso che il corridoio ferroviario europeo 5, quello che procedendo da Afragola doveva passare per Salerno e poi per Gioia Tauro fino in Sicilia (con il ponte), sarà deviato proprio ad Afragola sulla linea ad “alta capacità” (cioè frequenza dei passaggi non velocità dei treni) per Bari, Taranto e la costa ionica.
Perché non ci sono soldi per adeguare la linea tirrenica alle nuove sagome dei convogli, della lunghezza di 500/800 metri, destinati al veloce deflusso verso il nord Europa dei container portati da navi maestose (pescaggio di 18 metri e capacità di 15000/18000 teu, esempio: MSC ZOE) in arrivo ai porti “gateway” del Sud (tra essi. Gioia Tauro e Taranto), grazie al raddoppio del canale di Suez.
Il nostro porto, quindi, è destinato a restare veramente fuori. Da tutto. Con traffico “regional”.
E, intanto, per accrescere l’area portuale, si progetta di tombare oltre cinque ettari di mare.
E, intanto, i tunnel in costruzione verso il Cernicchiara, non destinati a divenire la Porta Ovest in sostituzione del viadotto Gatto, come dice qualche fonte forse poco informata, ma ad essere utilizzati quale via di accesso al porto commerciale, saranno, con “molti forse”, completati nel 2020.
In ogni caso, anche con il Cernicchiara, gli spazi resteranno insufficienti e i collegamenti inadeguati (svincoli autostradali e raccordo Salerno-Avellino).
E, intanto, il viadotto Gatto sarà sottoposto a controlli di stabilità mai prima effettuati. E, se daranno esito negativo, dove faremo passare i tir con i container? Tra i giardini del lungomare?
E cosa succederà, comunque, per il transito annuo di almeno 600.000 camion (sono oltre 320.000 teu da movimentare in entrata e uscita), per i fumi emessi nelle gallerie e per quelli rilasciati nell’ambiente? Salerno è già compresa nel gruppo delle Città più inquinate d’Italia!
Allora, mentre esprimiamo la nostra ammirazione per i risultati raggiunti dallo scalo, crediamo sia necessario interrogarsi con assoluta priorità su cosa veramente fare per assicurargli un futuro con riferimento ai vincoli e alle negatività che ne condizionano la struttura e le infrastrutture.
Prima di avviare ulteriori investimenti milionari che, tra qualche anno, potrebbero rivelarsi inutili o addirittura inopportuni.
Prima di generare un livello di conflittualità non più sanabile tra le esigenze, private, del porto e quelle, pubbliche, della Città e dei Comuni circostanti, magari invasi da “mini-aree” per il deposito dei container.
Prima che “l’ulivo muoia per asfissia”, come insegnava il saggio nonno.
O, piuttosto, che muoia il territorio per soffocamento.
Non vogliamo dire sulla possibile soluzione, che immaginiamo possa spaziare da forme di specializzazione dell’attività fino alla delocalizzazione della struttura.
Ma vogliamo rappresentare i nostri timori sul futuro dell’attività dello scalo e sulla vivibilità della Città in caso di assenza di decisioni tempestive e intelligenti.
E denunciare le gravissime responsabilità nei confronti dei lavoratori e delle future generazioni.
E chiedere che sul porto sia ascoltata la voce di tutti. E discutere. E decidere.
Dobbiamo “volare più alto” e amare questa Città.
Salerno ha bisogno di amore.
Associazione Io Salerno – Officina di Pensiero
Giuste osservazioni, giuste riflessioni, giuste proposte, effettivamente il porto è chiuso un po’ allo sviluppo… permettete una domanda:
Ma voi siete la stessa associazione che se poi partono i lavori di ampliamento o di ammodernamento di un’aria iniziate le proteste , a lamentarvi e a bloccare? Perché ricordo che il santo patrono di Salerno è San Matteo e lui aveva due faccio e molti salernitani si ispirano a lui.
vediamo se ho capito, prima dicono che il porto sia stato tagliato fuori, praticamente non ha futuro, è destinato a morire, ecc. (tocchiamoci tutti!), poi si complimentano per il premio che lo ha consacrato miglior terminal container nazionale, poi si preoccupano dell’aumento dei traffici. potrebbero riassumere in due o tre frasi concise e di senso compiuto cosa volevano dire, oltre a far vedere che come associazione esistono?
Essere in buona salute, oggi, non garantisce di esserlo domani. I risultati raggiunti sono sbalorditivi in considerazione dei limiti dell’area e delle infrastrutture. Ma questi limiti non sono sopprimibili. Perché quelli sono gli spazi, quelle le strade.
Se penso di crescere, devo sapere che ho necessità di vestiti, scarpe e, magari, di una casa più grandi.
Ma dove possono crescere gli spazi del porto? Cementificando la costa fino a Vietri? Intanto, il Paese mostra di investire su progetti che non prenderanno in considerazione lo scalo e, magari, lo renderanno antieconomico per le società di navigazione. L’articolo vuole spingere a porsi il problema del domani. Sorprende non sia stato capito.
Che il porto di Salerno, così come è stato stoltamente collocato, sia prigioniero della città, e che la città stia man mano diventando prigioniera del porto è una verità “lapalissiana” sulla quale c’è poco da discutere o fare riflessioni. Anche il sottoscritto, nel corso del mandato di consigliere comunale, ha avuto modo di esprimersi al riguardo, sollecitando l’individuazione di una diversa politica gestionale, trovandosi di fronte ad un muro di gomma. Articoli pubblicati da testate locali, dibattiti pubblici e privati, ed interventi in discussioni avviate su questo forum, non hanno sortito nessun risultato, neanche negativo. Il muro di gomma continua ad esistere! La soluzione ideologicamente più semplice sarebbe la delocalizzazione, ma temo che, al momento, gli alti costi ed il gran lasso di tempo occorrente per la sua esecuzione non farebbero altro che inspessire il muro di gomma! Secondo voi, invece di trastullarci in sterili discussioni, come spesso mi capita di leggere in questo sito, non sarebbe meglio instituire un “comitato” per analizzare, affrontare e risolvere questo problema? Un comitato formato, però, da gente che pensa e non chiacchiera a “cervello spento”, e che non ha altro obbiettivo se non quello di risolvere questo problema, “intelligenti pauca”.
La lunga serie di lamentele e di interrogativi sul da farsi mi sembrano tardive lacrime di coccodrillo. Da oltre dieci anni ho tentato di richiamare l’attenzione degli operatori pubblici e privati sull’unica possibilità esistente per superare l’handicap della mancanza di adeguate aree retroportuali che da sempre condizionano lo sviluppo dello scalo salernitano. Prima ancora che si partisse con i tunnel della Porta Ovest (di dubbia utilità), avevo individuata la soluzione (tuttora perseguibile) di un doppio tunnel, uno ferroviario e un stradale, diretto verso l’agro nocerino-sarnese per creare ivi aree di smistamento di merci e container, oltre a raccordi diretti con le autostrade e con il corridoio ferroviario tirrenico. Tale soluzione elimina la condizione penalizzante rappresentata dall’essere privo di una importante infrastruttura quale sono i binari dedicati a servizio del porto ed evita l’esclusione di Salerno dalla Rete TEN-T.
È pura follia pensare ora a ripristinare il binario sul lungomare. Ugualmente illusoria una delocalizzazione. Verso dove? E cosa direbbero i comuni rivieraschi interessati a sud di Salerno?
Seguiamo l’esempio di Genova che sta costruendo il Terzo Valico (galleria di oltre 50 km) per superare l’Appennino verso Milano e pensiamo ad un Valico similare del monte Bonadies con una galleria di soli 8/9 km.
Chi non si pone domande sul futuro e vive solo il presente non andrà molto lontano…………perciò siamo rovinati in Italia!
Il sig. Neo Cittadino forse ci legge per la prima volta. Basta digitare “Associazione Io Salerno” su questa testata per avere i quindici interventi fatti sulla Città dal 12 Aprile. Osservazioni e proposte da semplici cittadini, quali siamo. Di San Matteo seguiamo la parola: “Salerno è mia e io la difendo”. Di doppie facce ce ne sono già tante in Città. Anche triple e quadruple.
Sul porto non vorremmo si facesse l’errore della zona industriale. La verità è che Salerno ha una potenzialità annua di 320.000 teu (fonti ministeriali), ormai già raggiunta. Per allargare le aree, che facciamo? Quali e quanti soldi ci sono visto che lo Stato non è disposto ad intervenire perché non lo ritiene strategico? Questo sono le domanda da fare, oggi, prima di soffocare (la Città o il porto).
Al sig. Anonimo ci permettiamo ricordare che si sono fatte le barricate per l’Autorità Portuale. Era necessario? E perché non si discute del TEN-T che è ancora più penalizzante? E perché ai cittadini non si dicono le cose come stanno veramente? Il porto è territorio e ambiente. Forse territorio e ambiente non sono patrimonio di tutti?
Sul lavoro osserviamo che il nostro porto è di carico e scarico perché non c’è una zona industriale seria. I container vengono smistati. Sono di passaggio. Sarà ancora così quando le compagnie di navigazione avranno, altrove, servizi e velocità? Vogliamo anche chiederci dove li mettiamo se il viadotto Gatto fosse dichiarato pericoloso mentre si finiscono le gallerie (se)?. Come dicono i francesi, il porto è un “cul de sac”. Vogliamo parlarne? Noi vorremmo. E, però, lo stiamo facendo.
L’esclusione dalla TEN-T diventerà una realtà certa e ineluttabile se si continuerà a passare sotto silenzio o a far finta di ignorare che tale handicap dipende principalmente dalla mancanza del raccordo ferroviario fra il porto e il corridoio tirrenico. L’Associazione Io Salerno, che sta dimostrando di aver posta l’attenzione sui problemi del porto, spinga affinchè i responsabili recepiscano questo messaggio e mettano finalmente in campo tutte le risorse possibili perché si avvii un progetto risolutore per tale annoso problema.
L’esclusione dalla TEN-T diventerà una realtà certa e ineluttabile se si continuerà a passare sotto silenzio o a far finta di ignorare che tale handicap dipende principalmente dalla mancanza del raccordo ferroviario fra il porto e il corridoio tirrenico. L’Associazione Io Salerno, che sta dimostrando di aver posta l’attenzione sui problemi del porto, spinga affinchè i responsabili recepiscano questo messaggio e mettano finalmente in campo tutte le risorse possibili perché si avvii un progetto risolutore per tale annoso problema.
Leggo con vivo interesse la esauriente e articolata esposizione della situazione Porto Commerciale della
Associazione “IO SALERNO” ed i commenti relativi.
Quello che traspare più di tutto da tanti commenti piccati, risentiti, propositivi, preoccupati è che
NESSUNO dei tanti intervenuti ha dedicato una parola a coloro che abitano in quella zona,(parliamo di centinaia di cittadini). E’ evidente
che non hanno la più lontana idea di ciò che siamo costretti a subire da anni, notte e giorno, senza
un attimo di tregua e senza il benchè minimo rispetto di orari, senza banchine elettrizzate, senza
pannelli fonoassorbenti, con 600.000 mezzi pesanti che transitano ogni anno – ciascuno percorrendo
quattro volte il perimetro del porto – sul viadotto e sulla strada distruggendo i nostri edifici, non
consentendoci di dormire, riempiendo i nostri polmoni di veleni. E ricordiamo che gli edifici erano
preesistenti al Porto. Vi sembra poco? O forse non lo sapevate? Fateci l’onore di trattenervi per
una sola ora nelle nostre case: udrete assordante strombettio di Tir che cercano di entrare nel Porto intasato
all’inverosimile, migliaia di bisarche che sferragliano sul viadotto,
davanzali neri di fuliggine, palazzi che vibrano al passaggio di mostri da centinaia di
tonnellate senza soluzione di continuità.E’ abbastanza? Certamente sarà una esperienza che non vorrete ripetere.
Ecco perchè da circa 15 anni vado ripetendo che costruire il viadotto Gatto è stata una iattura e che l’utilizzo dei grossi mezzi di trasporto su gomma andava drasticamente ridotto, privilegiando quello su rotaia. Un tunnel diretto verso l’interno a scavalcare la collina retrostante, opportunamente attrezzato con binari ferroviari, avrebbe consentito tale soluzione. Tuttora è possibile dare seguito a tale ipotesi, purchè i tanti responsabili si rendano conto che il trend dei trasporti mare/ terra va in questa direzione, con i trasporti delle merci che vengono sempre più effettuati a mezzo treni (in Europa e nel mondo). In Itala poi è recente la notizia che presto verranno avviati nel triangolo nord-occidentale (Piemonte, Lombardia, Liguria) importanti lavori di potenziamento delle linee ferroviarie per adeguarle ai nuovi e più capaci standard richiesti per i trasporti su ferro.