All’inizio, i campi di Fuorni erano pieni di frutteti e di spighe di grano. Con i papaveri rossi.
Poi, venne il “sogno” della industrializzazione “pesante” portata da “grandi industrie”, dotate di capitali “estranei” e con produzioni “estranee”, attratte – sicuramente – dalle incentivazioni elargite dallo Stato e – meno sicuramente – dalle potenzialità del nostro territorio. E i campi furono distrutti
Poi, con la crisi dei primi anni ’90, vennero le macerie dei capannoni industriali (Marzotto, Elkro Gas, Pennitalia, Ideal Standard, Texsal, etc.) e la disperazione delle maestranze e delle famiglie.
Poi, vennero le delusioni di sventurati tentativi di progetti occupazionali alternativi (Sea Park, Sea Farm, polo fieristico).
Infine, venne la decisione di ridare vita al “deserto” con la modifica delle destinazioni d’uso degli immobili industriali e con la concessione delle autorizzazioni per l’apertura di supermercati, bar, negozi, pizzerie, ludoteche, alle quali sono seguite, di recente, anche quelle per fabbricati residenziali, palestre e piscine.
Così, la nostra zona industriale è divenuta un grande mercato, privo di ogni identità, paragonabile, per la diversità delle tipologie presenti, a un suk arabo.
Non è un caso, quindi, se l’area non riesce ad esercitare alcuna forza attrattiva nei confronti di imprese produttive “serie”, cioè di quelle che creano veramente occupazione, che, per decidere dove insediarsi, chiedono un contesto produttivo coerente, la certezza degli indirizzi, la disponibilità di spazi, la idoneità delle infrastrutture, la presenza di avanzati collegamenti tecnologici. Come minimo.
E non è neppure un caso se la “classe di merito” assegnata al nostro territorio dall’Istat nella “regionalizzazione del territorio italiano in sistemi locali” è la “BA4” che significa: “sistema senza nessuna attività industriale e nessuna attività specializzata, nemmeno nel settore terziario”.
Oggi, però, le cose possono cambiare, perché la decisione di inserire nella istituenda Zona Economica Speciale (ZES) anche la nostra Città, con alcune aree limitrofe, rende nuovamente possibile invitare il mondo imprenditoriale a dare vita a una nuova stagione di sviluppo. A condizione, però, che non sia riproposto un film già visto.
A condizione, cioè, che i nuovi insediamenti non siano frutto di decisioni indotte solo dalle agevolazioni annunciate (salvo errore: nessuna tassa e 50% oneri contributivi per tre anni, finanziamenti e super-ammortamenti), ma anche da scelte produttive incentrate sull’utilizzo delle “materie prime e delle risorse” presenti nell’area perché diventino elementi fondamentali e qualificanti di differenziazione contro ogni globalizzazione e standardizzazione. E, diciamo ancora, contro ogni futuro pericolo di de-localizzazione.
Per ottenere tutto questo, nel nostro intervento introduttivo e in quello successivo (salernonotizie.it – 25/10/17 e 01/11/17), abbiamo rappresentato la preliminare necessità di dare alla Città una precisa “missione produttiva” e di assegnarle parametri identitari idonei alla creazione di “poli originari” per attività ”coerenti” e filiere “connesse”.
Noi riteniamo che la stabilità degli investimenti, e – con essa – il futuro dei nostri giovani, possa essere conseguita SOLO legando strettamente i nuovi insediamenti alla realtà del territorio fatta di tradizioni agricole, di esperienze artigianali, di abilità commerciali, di saperi, di sapori e di impegno e dedizione della forza lavoro.
E anche stringendo in “una relazione sinergica” i settori tecnologici e quelli ordinari, già esistenti, perché le attività espletate possano essere di reciproco supporto.
Ovviamente, a collaterale, sarà necessario procedere al ridisegno delle aree per ripristinarne la “dignità” produttiva, per creare possibili distretti attraverso la ri-urbanizzazione e la de-localizzazione delle aziende non coerenti, per realizzare il potenziamento dei collegamenti viari e per migliorare le infrastrutture tecnologiche.
Per quel che riguarda i settori produttivi, poiché non è nostra abitudine “parlare senza dire”, ci permettiamo fornire alcune proposte concrete.
Con due necessarie premesse:
- a) il territorio di insediamento dovrebbe comprendere anche le aree industriali/Pip che circondano la Città, raggiungibili agevolmente con il pendolarismo quotidiano, e quindi: Cava, agro Nocera, Siano, Valle Irno, San Mango, San Cipriano, le due Giffoni, le due Montecorvino, Bellizzi, Battipaglia;
- b) dovrebbero essere privilegiate le iniziative “resistenti alle sfavorevoli congiunture”, cioè basate su aggregazioni personali frutto di idee, passione, volontà e professionalità, quelle “tecnologiche negli impianti” ma “tradizionali nella organizzazione del lavoro”, cioè ad elevata intensità di manodopera, quelle “leggere”, cioè non inquinanti e rispettose delle mutate sensibilità ambientali della nostra gente, quelle “a forte orientamento territoriale”, cioè di completamento industriale/commerciale dei cicli produttivi delle attività agricole ovvero idonee allo sfruttamento delle materie prime qui disponibili.
In questo intervento, esprimiamo le nostre idee con esclusivo riferimento alle “aziende ordinarie” rinviando ai prossimi articoli quelle relative alle aziende tecnologiche e agli ulteriori settori economici utili alla nostra gente (edilizia, turismo, etc.).
E, quindi, lasciando da parte la attività artigianali “di servizio”, di cui disponiamo a sufficienza:
– aziende dell’agro-alimentare per la trasformazione, in loco, e la commercializzazione dei prodotti agricoli. Oltre alla tradizionale lavorazione dei pomodori e prodotti dell’orto (agro Nocerino-Sarnese, Mercato S/S, Battipaglia), potrebbero essere invitate aziende per il trattamento di: ciliegie (la “spernocchia” di Bracigliano, di Baronissi/Orignano, Siano), castagne (Bracigliano, Giffoni, San Cipriano, Acerno, Olevano S/T), noci e nocciole (la “tonda” di Giffoni), olive e olio (tutto l’arco collinare), uva e vino (zone pre-montane), limoni (lo “sfusato” della Costiera), mele (la “annurca” rossa di S.Mango e di Pontecagnano), fichi e fagioli (area Cilento), latte e derivati (Battipaglia), prodotti della pesca (tonno e alici della Costiera). Ovviamente, a collaterale, andrebbe sollecitato anche l’insediamento di aziende per la produzione e riparazione di impianti e macchinari connessi. Lo sviluppo dell’agro-alimentare, vicino alla cultura del territorio e ad elevato assorbimento di mano d’opera, darebbe un sicuro impulso alle coltivazioni agricole estendendo i “terreni biologici specializzati” ed elevando il reddito delle famiglie delle aree contadine;
– aziende del cuoio, calzature, tessile e abbigliamento: già presenti a Cava, San Cipriano, Giffoni, le due Montecorvino, Bellizzi e Positano;
– aziende della ceramica: già presenti a Cava, Vietri, Ogliara e Giffoni, da sostenere anche sotto l’aspetto commerciale con percorsi ceramici realizzati nelle piazze e nei giardini in funzione di vetrine a favore dei flussi turistici;
– aziende della nautica da diporto: riattivazione del Polo della Cantieristica al Capitolo San Matteo, inopinatamente sospeso, prima, e annullato, poi, con il trasferimento dei cantieri di via Ligea. A parte le centinaia di posti di lavoro realizzabili, si otterrebbe la riqualificazione dell’area portuale con un ulteriore percorso a mare per cittadini e turisti;
– aziende dell’artigianato artistico: conservazione e consolidamento del patrimonio artistico, lavorazione di metalli, pietre dure, carta, rame (Fisciano).
Sono pochi esempi. Giusto per dimostrare che la nostra area ha una grande tradizione ancora da valorizzare.
Noi pensiamo che le aziende “verdi per processo e per prodotto ”, cioè con impianti ecocompatibili e con impiego di materie prime dell’agricoltura o, comunque, di origine locale, possano rappresentare una quota significativa di quella combinazione di nuovi insediamenti da realizzare nel territorio per l’avvio di una nuova stagione di crescita e per assicurare l’assorbimento di una quota rilevante dei giovani privi di qualificazione. Che sono la maggioranza, purtroppo, come abbiamo già visto.
E pensiamo, ancora, che la difesa della qualità dei nostri prodotti “verdi” sia da assegnare ad un marchio identitario, “Salerno Città Green”, sotto gestione pubblica, che ne certifichi la qualità ma sia garanzia anche della grande attenzione per il territorio circostante.
Noi riteniamo che la creazioni di posti di lavoro, anche in chiave di difesa della coesione sociale, con la contestuale tutela dell’ambiente debbano costituire un obiettivo irrinunciabile per chi gestisce la comunità con attenzione e amore.
Questa Città ha bisogno di amore.
Associazione Io Salerno – Officina di Pensiero
Quanto affermato in questo articolo su:
– come furono devastate negli anni ’60 le coltivazioni agricole negli ettari e ettari di terreni situati a Fuorni e dintorni, per dare posto a insediamenti industriali attratti principalmente da misure incentivanti, ma non giustificati da coerenti prospettive di crescita. E infatti dopo pochi anni vennero dismessi;
– come la successiva diffusione di attività di tipo ludico o gastronomico ugualmente non ha trovato sbocchi veramente validi e redditizi;
– come altri tentativi di insediare attività di genere diversificato si sono ugualmente risolti in parziali, se non totali, fallimenti;
tutto questo sta a dimostrare che senza una reale visione programmatica che investa tutte le componenti territoriali e le condizioni al contorno non si fa altro che scrivere solo un bel libro dei sogni.
Un’area limitrofa, quella che riguarda i territori inclusi nelle frazioni di San Leonardo, Mercatello, Pastena e in parte Torrione, ugualmente è stata oggetto di un vergognoso scempio urbanistico, essendo stata riconvertita con la costruzione di edifici anonimi, malamente collocati, senza una pianificazione razionale degli assi stradali e, per quelli situati sul fronte a mare, con configurazioni incoerenti e inidonee a rappresentare uno skyline degno di tal nome e di come si vorrebbe che fosse il lungomare di Salerno anche su quel fronte.
Direi quindi che, prima di elencare una lunga serie di ipotesi insediative, coinvolgenti anche realtà già consolidate nei dintorni del capoluogo, e di rischiare la stampa di un altro libro dei sogni, sarebbe il caso di elaborare un progetto onnicomprensivo di realizzazioni fattibili e che valorizzi tutto quanto occorre per la gestione dei trasporti e per l’agibilità delle vie di comunicazione all’interno dell’area e nei collegamenti con l’esterno, tenuto conto della presenza di nuclei abitativi a cui va assicurata una mobilità sostenibile.