Nel frattempo Donald Trump continua il viaggio asiatico.
A Pechino elogia Xi per avere guidato la Cina a superare l’America in dinamismo. Sulla frontiera fra le due Coree invita Kim a smettere gli abiti da cattivo per sedere al tavolo delle trattative. A Tokyo incoraggia Abe a riarmare il Giappone. A Seoul rincuora i sudcoreani che, pur nella paura della bomba, continuano a macinare numeri da primato.
A Hanoi si fa fotografare al fianco di Putin, ambedue a mo’ di scolaretti in camicione vietnamita blu. A cospetto delle lepidezze americane che mirano a ridisegnare la mappa globale avendo il Pacifico a perno, noi siamo seri nel nostro lessico. Eccone alcuni lemmi.
Macron. A maggio Macron vinse le elezioni presidenziali dopo avere preso le distanze dal mentore Hollande e dal Partito Socialista. Creò su due piedi il movimento politico “En marche!” mescolando persone e idee di sinistra moderata, di centro moderato, di destra moderata. Il movimento recava la bandiera dell’europeismo. Una propensione sincera verso il processo di integrazione ed orgogliosa nel tenere la bandiera francese sullo stesso pennone della tedesca. Con Brexit il Regno Unito lascia solo noi, Francia e Germania, a rappresentare l’Europa in un mondo che ci relega alla periferia.
Con la riconfermata Angela Merkel rinsaldiamo l’asse franco – tedesco per portare l’Unione fuori dalle secche, contiamo sul consenso della Commissione Juncker che mai si metterebbe di traverso ai progetti di Berlino. Tradotto in italiano, il programma europeistico di Macron impone di modificare certi slogan del tipo “riformiamo l’Europa a nostra convenienza” oppure “torniamo a Maastricht”.
Ci spinge a rilanciare l’Unione lavorando in seno alle sue istituzioni e nel rispetto delle sue procedure, le une e le altre prodotte grazie a noi, perché all’interno di quel quadro possiamo esprimere tutta la nostra vis politica.
Ed invece chiamiamo in causa Draghi per vicende che precedono la nomina a Francoforte, proponiamo valute parallele all’euro (il bitcoin?), regaliamo dentiere agli anziani. Sembriamo gli epigoni di Antonio Albanese – Cetto Laqualunque che prometteva “cchiù pilu per tutti”.
Nel frattempo Macron vola a Riad per capire cosa l’Arabia Saudita intenda fare in Libano fra gli sciiti di Hezbollah ed i sunniti del Premier Hariri e come spenderà i miliardi della quotazione di ARAMCO, la più grande compagnia petrolifera al mondo.
Populismi. A furia di sospettare ovunque i cripto-populisti, come in Alien la Comandante Ellen Ripley andava a caccia di mostriciattoli negli anfratti dell’astronave, perdiamo di vista un dato del voto siciliano. La Sicilia è la regione più esposta ai flussi migratori. Quantunque le autorità centrali abbiano dirottato altrove (persino a Salerno) gli ultimi sbarchi per non turbare i siciliani al voto, l’elettore non può non pensare che la pausa è destinata a durare poco.
Si ha notizia di migliaia di aspiranti navigatori che si stanno assiepando nei porti libici in attesa del passaggio verso l’altra sponda. A Lampedusa, la Sindaca dell’accoglienza mancò il secondo mandato a favore di un candidato meno accogliente e più in sintonia con l’elettorato.
Chiedersi perché alla Regione governi ora l’esponente di un partito poco incline alle aperture, sarebbe opportuno e probabilmente lungimirante. I media esteri notano che discutiamo di migrazioni molto in Europa e poco in Italia. Fatta eccezione del Ministro dell’Interno, il solo a parlarne da persona informata, come se l’argomento riguardasse il Viminale e non l’intera collettività. Gli fanno da controcanto gli aperturisti (clero, ONG, lo scrittore famoso), nessuno però che dia conto dei numeri e della qualità del loro lavoro e soprattutto delle reazioni dell’opinione pubblica.
Dibattito politico. Il dibattito è avvolto nel sopore notturno dei talk show. Davanti al televisore sonnecchiamo con le ginocchia al caldo del plaid. Ci fanno sussultare i racconti delle attrici molestate da produttori e registi. Non importa che le rivelazioni siano datate quanto l’ultima vittima: Gina Lollobrigida, che a 90 anni vanta una memoria di ferro per certi episodi.
Cosimo Risi