Denaro riciclato proveniente da una serie di reati di natura fiscale attuati per favorire gli interessi dei clan catanesi operanti a Milano e in provincia. L’intreccio tra mafia e pallone emerge dall’inchiesta della Dda milanese che ha portato in carcere il commercialista e vice presidente onorario del Foggia Ruggiero Massimo Curci.
Le manette sono scattate questa mattina per l’ipotesi di autoriciclaggio: approfondendo le indagini scaturite dall’arresto a maggio di 15 presunti appartenenti all’organizzazione criminale che favoriva gli interessi del clan Laudani in Lombardia, Gdf e Polizia sono arrivati a Curci.
Il commercialista, in sostanza, avrebbe estinto gli oneri fiscali e contribuitivi delle aziende degli appartenenti all’ organizzazione – fortemente esposte verso il fisco – attraverso indebite compensazioni con crediti inesistenti, provocando il fallimento di una serie di cooperative sulle quali sono state scaricate le compensazioni. Un sistema che avrebbe consentito di accumulare centinaia di migliaia di euro di compensi illeciti. E proprio parte di questi soldi – 790mila euro – sarebbe stata autoriciclata nel Foggia, nelle stagioni 2015-2016 e 2016-2017.
Stando a quanto scrive il Gip Giulio Fanales nell’ordinanza, nella sola stagione scorsa, Curci avrebbe versato in questo modo quasi 329mila euro, mentre l’anno precedente ne avrebbe messi 228mila. Quasi 234 mila euro sarebbero invece serviti per i pagamenti in nero.
In un appunto sequestrato sul telefono del fratello Nicola, gli investigatori hanno trovato l’elenco dei destinatari e gli importi: oltre a De Zerbi, che avrebbe avuto 15.050 euro, compaiono 8 giocatori ed ex – Enrico Guarna (13.500 euro), Roberto Floriano (25mila), Alan Empereur (50mila), Pietro Arcidiacono (20mila), Cosimo Chiricò (18.477), Vincenzo Sarno (14.055), Antonio Junior Vacca (24.568) e Pietro Iemmello (24.568)) – l’ex vice allenatore Davide Possanzini (15.049) e i procuratori di Guarna (6mila) e di Empereur (7.500).
La società nega ogni addebito in una nota ufficiale firmata dal presidente Lucio Sanes e dai consiglieri Francesco e Fedele Sannella. Proprio quest’ultimo, dice però il Gip, sarebbe il destinatario dei 328mila euro consegnati in contanti da Curci. Agli atti dell’inchiesta c’è anche una telefonata di Curci con un certo Vincenzo Croce in cui il commercialista non nega i pagamenti.
Anzi, dice il Gip, “si doleva delle contestazioni mossegli” in quanto, “a suo dire, la diffusione sociale di tale fenomeno avrebbe dovuto far ritenere privo di disvalore il proprio comportamento”.
Tutti i giocatori sentiti, e anche De Zerbi (che ha risposto ‘no comment’ a chi lo ha interpellato), hanno negato di aver preso soldi in nero. Ma nessuno, sostiene ancora il giudice, è stato “in grado di fornire alcun tipo di spiegazione di fronte agli appunti” trovati al fratello di Curci.
Tanto che gli inquirenti hanno già avviato una serie di approfondimenti, parlando di “gratuite e vergognose” negazioni dell’evidenza e non escludendo la possibilità di nuove iscrizioni nel registro degli indagati, non tanto per l’illecito fiscale quanto per l’ipotesi di favoreggiamento personale di Curci.
Fonte ANSA
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