Lo ha detto Marek Hamsik al termine del match contro la Sampdoria, decisa dalla sua rete del 3-2 che gli ha permesso di superare Maradona e di dioventare il miglior cannoniere del Napoli di tutti i tempi con 116 gol.
“Quando ho segnato – ha detto Hamsik a Mediaset Premium – ho pensato che stavamo vincendo 3-2, e che eravamo riusciti a ribaltare il risultato nonostante fossimo due volte in svantaggio. E’ stata una partita che ci è costata tante energie mentali e fisiche e sono molto contento per questa vittoria oggi, è stata fondamentale: guardando il risultato dell’Inter, vale moltissimo”.
Hamsik è sorridente, si è sbloccato segnando al Torino il gol numero 115 in maglia azzurra e raggiungendo il mito Maradona. La tensione di quel traguardo così vicino lo aveva tenuto a secco di gol per tre mesi: la rete precedente era arrivata l’1 ottobre, ora lo slovacco si è sbloccato ed è andato in gol per due partite di fila, cosa che non gli succedeva dalla scorsa primavera.
“Non era un ossessione il record – racconta – ma con il lavoro e a testa bassa mi sono impegnato e sono sempre stato concentrato sulle partite. Il Napoli sta andando bene ed ora questo conta più di tutto”.
Ora il Napoli si gode il Natale in testa alla classifica dopo le vittorie su Torino e Sampdoria: “Due successi fondamentali – cponclude Hamsik – dopo un periodo in cui non ci riuscivano più i risultati, speriamo che il Napoli sia tornato dopo queste partite.
Oggi vale ancora di più, perché ribaltare la partita due volte non è semplice e abbiamo sofferto anche negli ultimi 10 minuti, in 10 uomini. Questo è un altro passo in avanti e siamo molto contenti”.
Ma questa testata non è più “Salerno notizie” ora parla del Napoli come prima notizia. Bahhh meglio non leggerla più .BOICOTTIAMOLA
pasqualino ma della salernitana ch’ parlamm a fa?
E che c n fott i hamsik?
nella lingua napoletana si dice e,in cafonese i
sono 157 anni che i Borbone hanno tolto le tende e con loro quel regno di cartone che tanto splendore portò alla sua capitale e tanta miseria al resto del Meridione. Da allora la lingua unitaria non è più il napoletano ma l’ italiano. Per cui: se un salernitano che partecipa a una discussione aperta su un sito salernitano decide di scrivere nel proprio vernacolo e se nel proprio vernacolo la preposizione “di ” equivale a “i”, a a quale scopoo sottolineare che nella lingua (se sia lingua o dialetto è questione ancora discussa) napoletana l’equivalente preposizione è “e”? In altri termini: chi cazz se ne fotte? Il vernacolo salernitano è una cosa, il napoletano (lingua o dialetto è da vedere) è un’altra cosa; se poi il suono non le piace e risulta cacofonico al suo delicato orecchio maggiormenet assuefatto alle più soavi sonorità vesuviane, questo è un altro discorso (le assicuro che all’orecchio di un salernitano e di un non napoletano tutti quegli “afatto”, “adetto”, “acapito”, “nacapito” e quell’inconfondibile cadenza cantilenosa tipica degli abitanti dell’ex capitale del Sud risultano, talvolta, alquanto moleste). Quanto al “cafonese” la invito a documentarsi sull’etimologia del sostantivo “cafone”, ricordandole che Salerno è una città almeno dal 197 a.c.: scoprirà che il termine, nell’attuale accezione, si adatta molto meglio ad aree geografiche a lei molto familiari. Infine le chiedo, dall’alto della profonda conoscenza della Lingua partenopea che ha poc’anzi palesato, se la frase vernacolare salernitana che mi appreso a riportare, sia parimenti comprensibile tanto nella lingua napoletana quanto in cafonese:
” Accir’t tu e tutta Nap’l”.
Con rispetto e sempre viva ‘O Rre
per anonimo anti borbone
la ringrazio per la spendida lezione di storia
ma si documenti sulla parola cafoni (soldati di tale cafo particolarmente distintisi in battaglia,ai quali fu regalato appezzamento di terra)
splendida la caduta di stile della parte terminale del commento
sempre con rispetto,viva o re e buon anno
ps mi pare che neapolis sia leggermente piu’ antica di un borgo fondato nel 197 a c e tale rimasto
nel corso dei secoloi
perdoni la leggerezza di quest’ umile villico i cui antenati particolarmente i distinsero i battaglia, per essere incorso nel fatale errore di evocare – le assicuro del tutto involontariamente – citandone la fondazione, inopportuni paragoni tra l’orrido borgo e la Magnifica Parthenope, al cui cospetto noi tutti ci prostriamo con plurisecolare e immutabile deferenza. Le giuro che non accadrà mai più. Tuttavia devo dirle di avere l’impressione che traspaia, tra le righe delle sue parole, un appena accennato livore nei confronti dell’inospitale borgo e dei suoi abitanti, così rozzi nella lingua e nelle abitudini; tale lievissimo e quasi paterno risentimento pare poi convivere con un velo di amorevole nostalgia per l’amata città natia così vicina eppure così lontana. E come darle torto! Sommessamente mi permetto quindi, al solo fine di alleviare le sue pene, di suggerirle di seguire le orme dei mai abbastanza rimpianti sovrani di discendenza Capetingia, oppure, a sua scelta, di seguire l’esortazione vernacolare da me riportata, a mero titolo esemplificativo, nell’intervento da lei richiamato.
buon anno a lei e viva ‘o rre