De Luca parla di Renzi e delle prossime elezioni «Siamo approdati a una legge elettorale che ci condannerà a non avere un risultato di chiarezza democratica. Abbiamo fatto un passo indietro di 20 anni».
De Luca parla di Ius Soli, di immigrazione di sicurezza ma anche del caso Boschi «Io avrei detto in maniera più esplicita: sono un parlamentare della Repubblica, ho cercato, senza mancare di rispetto alle autonomie delle varie istituzioni, di tutelare interessi legittimi dell’economia e della società che rappresento, così come ho lavorato per tutelare allo stesso modo interessi di altre comunità».
Del M5S e di De Maio aggiunge: «Più parla Di Maio, meglio è. Ha parlato per due, tre settimane e ne ha già dette di grosse sull’Europa, sul referendum anti-euro, sull’articolo 18 da introdurre anche nelle imprese sotto i 10, 5, 2 dipendenti. Forse pure per i barbieri. Emergeranno le contraddizioni e il vuoto programmatico del Movimento, la cui evoluzione seguo da tempo. Sulla lunga distanza non può reggere una forza politica che ha dentro tutto e il suo contrario».
L’ex sindaco di Salerno parla anche del figlio Piero De Luca e della sua idea di candidarsi alle prossime elezioni «Mio figlio ha vent’anni di sua militanza di partito. E non vive di politica, ma del suo lavoro. Farà quello che vuole, e quello che decideranno gli organismi di partito. Come tutti i cittadini italiani non deve chiedere il permesso a nessuno per esercitare i suoi diritti costituzionali».
Alle accuse di salernocentrismo De Luca risponde «Questo è un luogo comune. Qualcuno per pigrizia mentale, per ignoranza o malafede alimenta questi municipalismi idioti. Napoli non ha mai avuto dalla Regione tante risorse e tanta attenzione come oggi: 3 miliardi di euro, risorse imponenti per le infrastrutture, per la cultura, per le politiche sociali. Sono l’unico dirigente politico che può parlare lo stesso linguaggio a Napoli, a Caserta, a Salerno, a Benevento, ad Avelino. E a Roma. Il mio rapporto con Napoli è cento volte più stretto e forte di tutti quelli che alimentano le guerre di campanile».
Sul suo modello di Regione aggiunge: «Il nuovo governo regionale è partito da un autentico disastro, i conti sono noti a tutti. Stiamo facendo un’operazione di portata storica: sta nascendo per la prima volta una identità campana, un orgoglio di sentirsi campani, riconoscendosi in un ente che non produce paludi burocratiche, ma efficienza, decisioni, correttezza amministrativa e risultati.
È in atto una rivoluzione democratica: l’abbandono cioè delle clientele di massa e l’affermazione dei diritti uguali per tutti i cittadini. E ancora: una svolta antiburocratica: niente più tempi morti, autorizzazioni entro tre mesi, risanamento dei bilanci. Per la prima volta avremo un bilancio senza carte false, senza entrate finte, un lavoro immane per le Asl e per la Regione con l’obiettivo di portare la Campania in Europa sul serio.
Il 3,2% di crescita del pil è un miracolo, specie se si considera che Napoli città fa ancora tanta fatica a mettersi in movimento sul piano della rigenerazione urbana e delle opere pubbliche. Ma c’è anche +3,4% di occupazione. Che non si spiega certo solo con il turismo, cresciuto per ragioni internazionali.
Si è affermata la fiducia degli investitori e dei cittadini: oggi si sa che c’è una istituzione che decide e va avanti. Poi ci sono le decisioni importanti prese dalla Regione: i contratti di sviluppo per 1,5 miliardi di investimenti, i 3,6 miliardi immessi nell’economia campana da settembre 2015 a oggi, i processi di sburocratizzazione, i contributi ai giovani professionisti per aprire i loro studi professionali.
E le decine di cantieri dopo anni di chiusura: li abbiamo aperti assumendoci la responsabilità delle transazioni con le imprese. Io stesso faccio fatica a capire come abbiamo potuto realizzare tanto. E adesso si apre anche la prospettiva della Zona economica speciale per la quale ci sono le risorse messe a disposizione dal governo Renzi, come i 500 milioni per le ecoballe e i 270 milioni per Bagnoli».