Un selfie che le ritrae insieme e sorridenti alla finale di Miss Universo 2017 ha scatenato l’ira di Bagdad e costretto Sarah a fuggire con la famiglia negli Stati Uniti.
Non appena l’immagine delle due concorrenti, rappresentanti di due paesi notoriamente ostili fra loro, ha cominciato a rimbalzare sui social network, è infuocata la polemica. Alcune frange irachene hanno rimproverato alla propria connazionale – la prima nella storia dei concorsi di bellezza – di non aver sostenuto la causa palestinese, posando accanto a quella che viene definita come la regina dell’occupazione e della brutalità. Il governo israeliano, invece, attraverso un portavoce, ha definito la foto come un messaggio di speranza per l’intera regione.
Adar ha spiegato che l’autoscatto realizzato a Las Vegas ed il relativo commento “Peace and Love from Miss Iraq e Miss Israel”, condivisi peraltro migliaia di volte, rappresentavano solo un modo attraverso cui esprimere il desiderio di pace. Nulla a che vedere dunque con interpretazioni faziose, dietrologiche o chissà cosa.
Tuttavia le minacce si son fatte sempre più pesanti e la giovane irachena è stata costretta all’esilio. Ora è in America e naturalmente spera che nessuno la trovi. Tutto ciò ha cementato il sodalizio tra le due Miss, le quali hanno orgogliosamente fatto sapere che è loro volontà restare amiche.
Purtroppo non è la prima volta che l’immagine di due reginette di bellezza diventa ulteriore motivo di tensione tra governi di due Paesi. Era già accaduto nel 2015 quando l’allora Miss Israele, Doron Matalon, aveva posato accanto a Miss Libano, Saly Greige. Fra i due territori ancora riecheggiavano i 50 anni di scontri. In quella occasione la libanese venne invitata a lasciare la fascia e fu costretta a dare spiegazioni dettagliate sull’accaduto.
Il selfie di Sarah e Adar è il gesto semplice di due ragazze come tante, e come tale dettato dalla spontaneità. E’ il racconto di amicizia che supera gli steccati dell’odio e schiude le porte alla speranza.
E non è forse il desiderio di rinnovare la Speranza che ciascuno di noi rassegna a suo modo al Natale?
Editoriale a cura di Tony Ardito, giornalista