L’unico posto in cui non si sente giudicata è un maneggio, dove trascorre interi pomeriggi in compagnia di un cavallo chiamato Caronte. Orfana di padre, cresce con la madre Ginevra, che preme affinché la figlia si operi, eliminando chirurgicamente quella caratteristica che la rende “diversa” dagli altri. A cambiare le cose l’incontro con Silvano, un bidello stravagante che insegnerà alla piccola Edhel l’importanza di poter essere, finalmente, se stessa.
Nel cast anche Roberta Mattei e Nicolò Ernesto Alaimo, con la partecipazione amichevole di Mariano Rigillo, Fioretta Mari, Lidia Vitale, Pietro De Silva e con Silvia Siravo e Gianni Rosato. La voce narrante è affidata a Cristiana Lionello.
Accolto tra gli applausi dei giffoners, “Edhel” ha fatto incetta di riconoscimenti ai Los Angeles Film Awards, conquistando 4 premi: Miglior film, Miglior regia, Miglior film indipendente e Miglior cast. Raccontando in modo sincero e appassionato il tema della diversità, il film mostra come quello che a volte viene percepito come un difetto, possa essere, invece, un punto di forza.
A catturare il pubblico del Giffoni Experience anche il fortissimo legame del lungometraggio con il mondo del fantasy: Edhel, infatti, nella lingua immaginaria inventata da J. R. R. Tokien, autore del “Il signore degli anelli”, significa “elfo”. “Edhel si sente sempre più sola – spiega il regista Marco Renda – in un mondo che non sembra né capirla né ascoltarla. Nasconde il suo segreto con un cappuccio, la sua barriera contro ogni male. Vittima di bullismo, affronta i suoi giorni con grande angoscia e solitudine. L’incontro con Silvano sarà l’inizio di un nuovo percorso verso la consapevolezza: forse il suo non è un difetto, ma una straordinaria caratteristica.
Tra mille dubbi e paure, la protagonista altalena tra due piani: quello fisico, di una semplice bambina che vive un’infanzia difficile e quello metafisico e immaginifico, sentito, desiderato, accennato attraverso un bosco, simbolo di un confine che se oltrepassato forse cambierebbe tutto. Nell’illusione che un altro mondo esista alberga la speranza di una nuova vita. Ma alla fine, ciò che conterà realmente saranno i rapporti, gli affetti, l’imparare ad amarsi e ritrovarsi, i sentimenti come unico motore dell’equilibrio di ognuno di noi”.
La metafora delle orecchie appuntite è un accorato atto di denuncia contro l’ignoranza di chi discrimina quello che non riesce a comprendere e in cui non si riconosce. “Edhel” è una storia di rivincita nei confronti dei canoni e degli stereotipi imposti dalla società, in nome della libertà fondamentale di poter essere se stessi.