Il testo andrà approvato dalle rispettive basi e, in caso positivo, trasferito nel contratto di coalizione. Stando ai precedenti, il contratto sarà lungo decine di pagine e contemplerà centinaia di passaggi: un testo che più causidico non si può, ma si sa che la Germania è la patria del diritto pubblico.
Nel frattempo si intreccerà il negoziato sui posti di governo (sulle poltrone, per dirla all’italiana). La trattativa vedrà Merkel alla Cancelleria e Schulz suo vice, non si sa se nella posizione di Ministro degli Esteri (come, prima di lui, Steinmeier e Gabriel) o in quella di Ministro delle Finanze. Nel pre-accordo ciascuno dei tre partiti lascia qualcosa per prendere qualcosa d’altro. La trama comune è l’europeismo.
Questa parola negletta del vocabolario politico – chi la pronuncia è destinato a perdere consensi – è recuperata dalla Germania grazie soprattutto a Schulz. Il quale evidentemente ricorda la lunga presenza al Parlamento europeo come Presidente e come candidato alla Presidenza della Commissione per conto dei socialisti e democratici (compreso il nostro PD).
L’europeismo può essere una sigla dietro cui celare comportamenti poco se non anti- europei. Europeista si dichiara l’Austria del giovane nuovo Cancelliere. Europeisti (delle nazioni) si dichiarano i dirigenti del Gruppo di Visegrad, nessuno dei quali oserebbe porsi fuori dall’Unione sulla scia di Brexit. Fuori non ci sta il conforto della politica strutturale europea, nella bilancia dei costi – benefici l’esempio britannico sarebbe dannoso all’interesse nazionale.
E d’altronde l’orgoglioso Regno Unito del “meglio soli” sta pagando il prezzo della libertà con le fughe dalla City e le modeste prestazioni economiche. Persino il vanto della diplomazia britannica, il rapporto speciale cogli Stati Uniti, è finito nel vortice dei tweet a firma Trump.
L’ultimo declama che il Presidente non inaugurerà la nuova Ambasciata USA a Londra: brutta, costosa, ordinata da Obama (in realtà commissionata da Bush). La verità cruda è che Trump non sarebbe accolto a Buckingham Palace cogli onori che ritiene di meritare. Niente Londra per il Presidente e musi lunghi a Downing Street: se pure l’amico americano prende le distanze…
Macron continua a tessere la tela europeistica. Aspetta l’esito del negoziato in Germania per fare ripartire l’asse franco – tedesco per la riforma d’Europa. Gentiloni si congratula con Merkel e Schulz e riceve Macron, col quale stabilisce di firmare il Patto del Quirinale.
Il Patto del Quirinale dovrebbe somigliare al Patto dell’Eliseo che, firmato a suo tempo da Adenauer e de Gaulle, sarà rinnovato da Macron e Merkel per consolidare la compenetrazione fra i due paesi. Lo stesso accadrebbe fra Italia e Francia col Patto del Quirinale.
La convergenza politica è ovvia nel quadro europeo. La convergenza industriale e nel campo della ricerca è meno scontata: si pensi alle diatribe su telecomunicazioni, cantieristica, banche. Il Patto darebbe slancio a tutta la cooperazione bilaterale.
La regia della BCE ha giovato alla ripresa europea dopo gli anni bui della crisi. Ha ristabilito il senso del progresso, che è possibile soltanto in seno all’Unione ed alla zona euro. Al di fuori dell’Unione fa freddo e non tutti hanno il riscaldamento in casa.
di Cosimo Risi
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